XII
EGLI NON È MISERO, PUR PARTECIPANDO ALLE NOSTRE PROVE
BOSONE - Tutte queste ragioni mostrano con evidenza che doveva essere mortale e partecipare a tutte le nostre prove. Ma tutte queste prove costituiscono la nostra miseria. Sarà dunque egli pure misero?
ANSELMO - Niente affatto. Come una gioia che uno gusta contro la sua volontà non ha niente a che fare con la beatitudine, così non è una miseria assumere una prova senza necessità, con sapienza e di buon grado.
BOSONE - Bisogna concederlo.
XIII
EGLI NON HA ASSUNTO L'IGNORANZA INSIEME ALLE ALTRE NOSTRE MISERIE
BOSONE - Ma - dimmi - in questa somiglianza che egli deve avere cogli uomini, deve essere inclusa anche l'ignoranza assieme alle altre debolezze?
ANSELMO - Perché, dubiti che Dio conosca tutto?
BOSONE - Perché quantunque a causa della natura divina debba essere immortale, tuttavia a causa di quella umana sarà mortale. Che motivo c'è allora di escludere che quell'uomo possa essere veramente ignorante allo stesso modo che sarà veramente mortale?
ANSELMO - L'assunzione dell'uomo nell'unità della persona di Dio sarà fatta sapientemente dalla somma sapienza, e quindi non assumerà ciò che nell'uomo non presenta alcuna utilità anzi è controproducente per l'opera che quello stesso uomo dovrà compiere. L'ignoranza infatti a nulla gli servirebbe, anzi gli nuocerebbe in molte cose. Come senza una immensa sapienza potrebbe egli compiere le azioni così numerose e così grandi che deve compiere? Oppure, come gli uomini gli crederebbero, se lo sapessero ignorante? Se poi non lo conoscessero tale, a che gli servirebbe quella ignoranza? Inoltre, posto che non si ama se non ciò che si conosce, Come non ci sarà alcun bene che egli non ami, così non ci sarà alcun bene che egli ignori.
Ora nessuno conosce perfettamente il bene se non colui che lo sa distinguere dal male. E anche questa distinzione nessuno la sa fare se ignora il male. Dunque, come quello di cui parliamo dovrà conoscere perfettamente ogni bene, così non potrà ignorare alcun male. Avrà quindi ogni scienza, sebbene non la manifesti pubblicamente nei rapporti con gli uomini.
BOSONE - Ciò che dici appare bene nell'età adulta; nella infanzia invece, come non avrà l'età adatta per la manifestazione della sua sapienza, così non solo non avrà la necessità d'averla ma neppure la convenienza.
ANSELMO - Non ho detto che farà sapientemente quell'incarnazione? Infatti Dio sapientemente assumerà la mortalità, di cui farà sapientemente uso in quanto essa deve essere assai utile. Invece non potrà sapientemente assumere l'ignoranza, perché non è mai utile, ma sempre nociva, eccetto quando serve a impedire che la cattiva volontà - che in lui non ci sarà mai - faccia il male. Infatti, benché non produca altri danni, l'ignoranza è nociva per il solo fatto che priva del bene della scienza.
E per soddisfare brevemente le tue domande dirò che sin da quando comincerà a esistere quello uomo sarà sempre ripieno di Dio come di se stesso.
E quindi non sarà mai privo della sua potenza, fortezza e sapienza.
BOSONE - Sebbene sempre avessi creduto che nel Cristo non c'era l'ignoranza, tuttavia te l'ho domandato per sentirne il motivo. Infatti spesso siamo certi di qualche cosa ma non la sappiamo provare con delle ragioni.
XIV
LA SUA MORTE SUPERA LA GRANDEZZA E IL NUMERO DI TUTTI I PECCATI
BOSONE - Ti prego ora d'insegnarmi come la sua morte superi il numero e la grandezza di tutti i peccati, proprio perché hai dimostrato che un solo peccato - che stimiamo piccolissimo - è così grande che non lo si dovrebbe commettere neppure se con un solo sguardo contrario alla volontà di Dio si potesse preservare dalla distruzione totale una infinità di mondi pieni di creature come lo è questo nostro.
ANSELMO - Se questo uomo fosse qui presente e tu sapessi chi egli è e ti si dicesse: "se non ucciderai quest'uomo, perirà tutto il mondo e tutto ciò che non è Dio", lo uccideresti tu, per conservare tutte le altre creature?
BOSONE - Non lo farei anche se mi presentassero un numero infinito di mondi.
ANSELMO - E che cosa faresti se ti dicessero: "O lo uccidi o tutti i peccati del mondo verranno sopra di te"?
BOSONE - Risponderei che preferisco caricarmi tutti gli altri peccati, non solo quelli che furono o che saranno commessi in questo mondo ma anche quelli che il pensiero vi può aggiungere, piuttosto che questo solo. E penso che dovrei rispondere così non solo per la sua uccisione, ma anche per la più piccola ferita che gli possa venir inflitta.
ANSELMO - Giudichi bene. Ma, dimmi, perché il tuo cuore giudica così, ispirandoti più orrore per il solo peccato di ferire quest'uomo che non per tutti gli altri che possono essere pensati, dal momento che tutti i peccati senza eccezione si commettono contro di lui?
BOSONE - Perché il peccato che viene commesso contro la sua persona, supera immensamente tutti gli altri, che possono essere pensati indipendentemente dalla sua persona.
ANSELMO - Che dici del fatto che spesso uno accetta più volentieri di subire qualche danno nella propria persona pur di evitare di subirne di maggiori nei beni?
BOSONE - Che Dio non ha bisogno di questa pazienza dal momento che ogni cosa è sottomessa al suo potere, come hai già risposto a una mia precedente domanda.
ANSELMO - Rispondi bene. Dunque comprendiamo che al peccato che danneggia la vita corporale di quest'uomo non può essere paragonata nessuna immensità o moltitudine di peccati non commessi sulla persona di Dio.
BOSONE - E' evidente.
ANSELMO - Quanto buono ti sembra dunque quest'uomo, la cui uccisione è così iniqua?
BOSONE - Se ogni bene è buono tanto quanto è iniqua la sua distruzione, quest'uomo è incomparabilmente più buono di quanto non siano detestabili tutti quei peccati a cui la sua morte è senza alcun confronto superiore.
ANSELMO - Dici la verità. Anzi rifletti che i peccati sono tanto più odiosi quanto più sono cattivi, e che questa vita è tanto più amabile quanto più è eccellente. Da qui la conclusione che questa vita è più amabile di quanto i peccati siano odiosi.
BOSONE - Mi è impossibile non capire.
ANSELMO - Pensi che un bene sì grande e tanto amabile possa essere sufficiente a pagare ciò che è dovuto per i peccati di tutto il mondo?
BOSONE - Anzi può infinitamente di più.
ANSELMO - Vedi dunque come questa vita vince tutti i peccati, se è data per essi.
BOSONE - E' chiaro.
ANSELMO - Dunque, se dare la propria vita è accettare la morte, come il dono di questa vita supera tutti i peccati degli uomini, così anche l'accettazione della morte.
BOSONE - E' evidente che è così per tutti i peccati che non hanno per oggetto la persona di Dio.
XV
LA SUA MORTE CANCELLA ANCHE I PECCATI DI COLORO CHE L'UCCISERO
BOSONE - Però ora mi si presenta un'altra cosa da domandare. Infatti, se la sua uccisione è tanto cattiva quanto è buona la sua vita, come può la sua morte superare e cancellare i peccati di coloro che l'hanno ucciso? Oppure se cancella il peccato di qualcuno di loro, come può cancellare anche i peccati degli altri uomini? Crediamo infatti che molti fra essi si sono salvati e che innumerevoli altri si salvano.
ANSELMO - Risolve la questione l'Apostolo quando dice: "Se l'avessero conosciuta (la sapienza), mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1 Cor 2, 8). C'è infatti una grandissima differenza tra il peccato commesso coscientemente e il peccato fatto per ignoranza, per cui un male che nessuno potrebbe mai commettere scientemente data la sua estrema gravità, diventerebbe perdonabile se commesso nell'ignoranza. Certamente nessun uomo potrebbe mai, almeno coscientemente, volere l'uccisione di Dio; quindi coloro che l'uccisero senza saperlo non caddero in quell'infinito peccato, non paragonabile a nessun altro.
Quando infatti abbiamo cercato di conoscere la bontà della sua vita, non abbiamo considerato questo peccato come fatto per ignoranza, ma come fatto scientemente, il che nessuno mai fece, né avrebbe potuto farlo.
BOSONE - Hai mostrato con la ragione come gli uccisori del Cristo possano arrivare al perdono del loro peccato.
ANSELMO - Cosa domandi ancora? Ora vedi come una necessità ragionata mostri che la città superna deve essere completata dagli uomini, come questo non può avvenire senza remissione dei peccati e come l'uomo non può averla se non per opera di un uomo che sia nello stesso tempo anche Dio e che con la sua morte riconcili a Dio gli uomini peccatori. Con chiarezza dunque scopriamo il Cristo, che confessiamo Dio e uomo, morto per noi.
Conosciuto questo senza dubbio alcuno, non si può dubitare, anche se non siamo in grado di capirne sempre le ragioni, che tutto ciò ch'egli dice è certo perché Dio non può mentire, e che quanto egli ha fatto è fatto sapientemente.
BOSONE - Quanto dici è vero e non dubito affatto che quanto egli disse sia vero e che quanto egli ha fatto sia fatto ragionevolmente.
Ma ti chiedo di dimostrarmi perché mai le realtà della fede cristiana, le quali non appaiono agli infedeli né necessarie né possibili, sono necessarie e possibili. E questo non perché tu abbia a consolidarmi nella fede, ma per darmi la soddisfazione d'intendere quelle verità cui sono già solidamente attaccato.
XVI
DALLA MASSA PECCATRICE DIO ASSUNSE UNA NATURA UMANA SENZA PECCATO.
SALVEZZA DI ADAMO E DI EVA
BOSONE - Come mi hai spiegato con ragioni i quesiti precedenti, così ti domando di spiegarmi con la ragione ciò che ora ti chiederò. E anzitutto come Dio dalla massa peccatrice, cioè dal genere umano tutto infetto dal peccato abbia assunto un uomo senza peccato, come un pane azimo da una massa fermentata. Infatti sebbene la concezione di quell'uomo sia pura e senza la macchia del carnale diletto, tuttavia la Vergine dalla quale è stato assunto fu concepita "nell'iniquità e sua madre la concepì nel peccato" (cf Sal 51, 7) e nacque con il peccato originale, avendo anch'essa peccato in Adamo "nel quale tutti peccarono" (Rm 5, 12).
ANSELMO - Dal momento che abbiamo accertato che quell'uomo è Dio e riconciliatore dei peccatori, non v'è alcun dubbio che sia completamente immune dal peccato. Ora questo non è possibile se non nel caso che egli sia stato assunto senza peccato dalla massa peccatrice. Se tuttavia non riusciamo a capire per quale ragione la sapienza di Dio abbia fatto questo, non dobbiamo meravigliarci, ma accettare con rispetto che ci sia qualcosa di incomprensibile nelle profondità di sì grande avvenimento.
In verità, Dio ha restaurato la natura umana più mirabilmente che non l'abbia creata. Entrambi i fatti sono ugualmente facili per Dio. Ma l'uomo prima di esistere non si era reso indegno con il peccato di ricevere l'esistenza; invece dopo la sua creazione con il peccato meritò di perdere ciò che era e ciò per cui era stato fatto.
Tuttavia non perse del tutto ciò che era, affinché ci fosse uno che potesse essere punito o a cui Dio potesse usare misericordia: due cose impossibili se l'uomo fosse stato ridotto al nulla. Dio dunque ha agito più mirabilmente restaurando l'uomo che creandolo, perché la riabilitazione del peccatore è contro ogni merito, mentre la creazione non riguarda un peccatore né è contro il merito.
Per di più, quale grandezza non rappresenta l'unione di Dio e dell'uomo per cui, pur rimanendo in tutta l'integrità delle due nature, colui che è Dio è nello stesso tempo anche uomo? Chi dunque oserà anche solamente pensare che l'umana intelligenza possa penetrare la sapienza con cui fu fatta questa opera inscrutabile?
BOSONE - Riconosco che nessun uomo può spiegare perfettamente in questa vita un sì grande mistero, e non ti chiedo certo di fare quello che nessun uomo può fare, ma solamente quello che puoi. Mi persuaderai meglio che in questo mistero si nascondono ragioni più profonde, mostrandomi che ne vedi qualcuna, più che provando con il silenzio che la tua intelligenza non ne scorge alcuna.
ANSELMO - Vedo che non posso liberarmi dalla tua importunità; però se potrò in qualche modo mostrare ciò che domandi, rendiamo grazie a Dio. Se non ne avrò la capacità, dovrai accontentarti delle prove già date. Stabilita infatti la necessità che Dio si faccia uomo, non è possibile dubitare che gli manchi la sapienza e la potenza per farlo senza assumere il peccato.
BOSONE - Lo ammetto volentieri.
ANSELMO - Occorre certamente che la redenzione operata da Cristo non sia di vantaggio solamente a coloro che vivevano in quel tempo, ma anche agli altri. Poniamo infatti il caso che ci sia un re contro il quale tutti gli abitanti di una sua città peccarono tanto gravemente che nessuno di loro può evitare la condanna a morte, a eccezione di uno solo, che pure è della loro stirpe. Quest'unico innocente gode tanto credito presso il re da poter riconciliare con il re tutti coloro che avranno confidenza nel suo consiglio e d'altra parte ha tanto amore verso i colpevoli da volerlo fare.
Questo l'otterrà compiendo un servizio che piacerà molto al re e che egli compirà nel giorno stabilito dalla volontà del re, E siccome tutti coloro che vogliono essere riconciliati non possono radunarsi per quel giorno, il re concede, data la grandezza del servizio, che vengano assolti da ogni colpa passata anche tutti coloro che sia prima che dopo avranno proclamato la loro volontà di ottenere perdono in virtù dell'azione che sarà compiuta in quel giorno e di aderire al patto che verrà stabilito.
Il re concede anche che, se dopo questo primo perdono accade loro di peccare di nuovo, ricevano ancora il perdono in virtù di questo stesso accordo, se vorranno correggersi e dare una degna soddisfazione.
Nessuno può entrare nel suo palazzo prima che sia compiuta l'azione che li deve liberare dalla colpa.
Secondo questa parabola, non potendo tutti gli uomini che dovevano salvarsi essere presenti quando Cristo compì la redenzione, venne data alla sua morte tanta potenza che i suoi effetti si possano estendere nel tempo e nello spazio anche a coloro che non vi erano presenti. Che la sua morte non debba essere di aiuto solo ai presenti lo si arguisce facilmente dal fatto che non potevano esservi presenti tanti individui quanti sono necessari alla costruzione della città superna; e questo anche nella ipotesi che fossero stati ammessi alla redenzione tutti quelli che vivevano in quel momento, dovunque si trovassero.
I diavoli infatti, che gli uomini devono sostituire, sono più numerosi degli uomini che vivevano in quel giorno. Né si deve credere che dalla creazione dell'uomo ci sia stato qualche lasso di tempo durante il quale questo mondo, adorno di tante creature fatte per l'uomo, non abbia contato fra le cose che gli appartenevano qualche individuo del genere umano che potesse arrivare al fine per cui fu creato.
Sembra infatti sconveniente che Dio abbia permesso che anche per un solo istante il genere umano e le cose che creò per coloro che dovranno riempire la città superna siano esistite quasi invano. Avremmo infatti l'impressione che la loro esistenza sia vana fino a quando non le vedessimo sussistere per colui per il quale soprattutto furono create.
BOSONE - Con un ragionamento appropriato, a cui nulla sembra opporsi, dimostri che dopo la creazione dell’uomo non ci fu mai alcun momento in cui non siano esistiti degli individui inclusi in quella riconciliazione, senza la quale ogni uomo sarebbe stato creato invano. Anzi possiamo concludere che ciò non solo è conveniente ma anche necessario, perché se questo è più conveniente e più ragionevole dell'opposto - e cioè che per un certo tempo non ci sia stato nessuno nel quale si potesse realizzare il fine per il quale Dio creò l'uomo - e se nulla si oppone alla ragione data, è necessario che ci sia sempre stato qualcuno partecipe della predetta riconciliazione. Conseguentemente non si deve dubitare che Adamo ed Eva facciano parte della redenzione, nonostante che l'autorità divina non lo dica espressamente.
ANSELMO - Sembra incredibile che quando Dio li creò e immutabilmente decise di fare discendere da loro tutti gli uomini che voleva portare nella città celeste abbia escluso da questo disegno loro due.
BOSONE - Anzi si deve credere che li abbia creati proprio perché fossero tra coloro per i quali furono fatti.
ANSELMO - Ragioni bene. Però, prima della morte di Cristo nessuna anima poté entrare nel paradiso celeste, come ho detto prima parlando del palazzo del re.
BOSONE - Così crediamo.
ANSELMO - La Vergine poi, dalla quale è stato assunto l'uomo di cui parliamo, fu del numero di coloro che vennero da lui purificati dal peccato prima della sua nascita; ed egli fu assunto dalla Vergine già purificata.
BOSONE - Quello che esponi mi piacerebbe molto, se non lasciasse fraintendere che quest'uomo, che deve essere immune dal peccato per se stesso, lo sia invece per la madre e che non sia mondo per virtù propria ma per quella della madre.
ANSELMO - Non è così; e poiché la purezza della madre, che lo rende puro, proviene da lui, anch'egli è puro per se stesso e da se stesso.
BOSONE - Basta su questo argomento. Tuttavia mi sembra che ci sia ancora qualcosa d'altro da chiedere.
Abbiamo detto prima che quell'uomo non doveva necessariamente morire e ora vediamo che sua madre divenne pura per la sua futura morte. Ora se tale morte non ci fosse stata, egli non avrebbe potuto nascere da lei. Quindi come si può affermare che non morì necessariamente colui che non ebbe l'esistenza che per morire? Se infatti non avesse dovuto morire, la Vergine dalla quale fu assunto non sarebbe stata pura, poiché non poté ottenere questa purezza che credendo alla verità della sua morte; ed egli d'altronde non poté essere assunto da lei in altra maniera.
Perciò se, dopo essere stato assunto dalla Vergine, non morì necessariamente, egli poté anche non essere assunto dalla Vergine dopo esserlo stato: il che è impossibile.
ANSELMO - Se tu avessi meditato bene ciò che prima è stato detto, penso che vi avresti trovato la soluzione di questa questione.
BOSONE - Non vedo come.
ANSELMO - Mentre cercavamo se poteva mentire, non abbiamo forse dimostrato che ci sono due poteri a proposito della bugia: uno di voler mentire, l'altro di mentire? e non abbiamo dimostrato che egli è degno di lode per la giustizia con cui rispettò la verità quando, pur avendo il potere di mentire, si donò da se stesso il potere di non voler mentire?
BOSONE - E' cosi.
ANSELMO - Così pure nei riguardi della vita, c'è il potere di conservarla e il potere di volerla conservare. Quando dunque si domanda se questo Dio-uomo potesse conservare la propria vita così da non morire mai, non si può dubitare che sempre abbia avuto il potere di conservarla, sebbene non abbia potuto voler conservarla così da non morire mai. E siccome ebbe da se stesso la volontà di non potere, donò la sua vita non per necessità ma per libero potere.
BOSONE - Il potere di mentire e il potere di conservare la vita non furono perfettamente uguali. Infatti nel primo caso abbiamo che se voleva poteva mentire; qui invece anche se volesse non morire, non lo potrebbe, come non potrebbe non essere ciò che è. Infatti è uomo proprio per morire e per la fede in questa morte futura può essere assunto dalla Vergine, come hai detto prima.
ANSELMO - Così come pensi che non poté non morire o che morì per necessità perché non poté non essere ciò che era, così puoi affermare che non poté volere di non morire o che volle morire per necessità poiché non poté non essere ciò che era, perché si fece uomo non tanto per morire quanto per volere morire. Quindi come non devi dire che non poté voler non morire o che volle morire per necessità, così non si deve dire che non poté non morire o che morì per necessità.
BOSONE - Al contrario, dal momento che morire e voler morire si fondano sulla medesima ragione, sembra che ambedue le cose siano imposte dalla necessità.
ANSEI.MO - Chi fu a voler spontaneamente farsi uomo per morire con la stessa volontà immutabile, e per rendere pura, mediante la fede in questa realtà, la Vergine dalla quale quell'uomo sarebbe stato preso?
BOSONE - Dio, il Figlio di Dio.
ANSELMO - E non abbiamo già dimostrato che la volontà di Dio non è spinta da alcuna necessità, ma che anche quando si dice che fa qualcosa per necessità si mantiene nella sua libera immutabilità?
BOSONE - Sì, questo è stato dimostrato. Vediamo però che ciò che Dio immutabilmente vuole non può non accadere, anzi avviene necessariamente. Quindi se Dio volle che quell'uomo morisse, egli non poté non morire.
ANSELMO - Dal fatto che il Figlio di Dio assunse la natura umana con la volontà di morire tu tiri la conclusione che quell'uomo non poteva non morire.
BOSONE - E' ciò che intendo.
ANSELMO - Da ciò che è stato detto però non segue anche che il Figlio di Dio e l'uomo assunto costituiscono una sola persona, così che lo stesso è Dio e uomo, Figlio di Dio e figlio della Vergine?
BOSONE - Sì.
ANSELMO - Quindi questo stesso uomo per la sua volontà non poté non morire, e morì.
BOSONE - Non lo posso negare.
ANSELMO - Poiché dunque la volontà di Dio non fa nulla per necessità ma tutto liberamente, e la volontà di quello fu volontà di Dio, egli non morì per necessità ma spontaneamente.
BOSONE - Non posso obiettare alle tue argomentazioni. Infatti non posso in alcun modo dimostrare la debolezza delle premesse che poni e delle conclusioni che ne tiri. Però mi ritorna sempre l'obiezione che ho esposto: se volesse non morire non lo potrebbe, come non può non essere ciò che era.
Infatti doveva veramente morire, altrimenti se non avesse dovuto veramente morire non ci sarebbe stata quella vera fede nella sua futura morte per cui la Vergine, dalla quale nacque, e molti altri sono stati purificati dal peccato. Se non fosse stata vera, non sarebbe servita a nulla. Quindi se poté non morire, poté fare che non fosse vero ciò che era vero.
ANSELMO - E perché prima che morisse era vero che doveva morire?
BOSONE - Perché egli lo volle spontaneamente e con immutabile volontà.
ANSELMO - Se, come dici, non poté non morire, perché doveva veramente morire e doveva veramente morire perché lo volle spontaneamente e immutabilmente, ne segue che non poteva non morire per il solo motivo che con volontà immutabile volle morire.
BOSONE - E' così. Ma qualunque sia la causa, rimane tuttavia vero che non poté non morire e che fu necessario che morisse.
ANSELMO - T'attacchi troppo a un nonnulla e, come si suol dire, cerchi il nodo nel giunco.
BOSONE - Ti sei dimenticato che cosa ho obiettato alle tue scuse al principio di questa nostra disputa? Non ti ho chiesto spiegazioni per i dotti, ma per me e per quelli che lo domandavano con me. Sopporta dunque che io chieda, spinto dalla lentezza e dalla pochezza della nostra intelligenza, e continua ad accontentare me e tutti gli altri anche nelle domande puerili, come hai fatto fin qui.