XI. - L'amore di Dio che attrae a sé le Anime sante e l'impedimento che esse trovano nel peccato, genera la pena del Purgatorio.

Io vedo sì gran conformità di Dio con l'anima, che quando la vede in quella purità nella quale Sua Maestà le creò, le dà un certo modo attrattivo di affocato amore, sufficiente per annichilarla, benché sia immortale.

2. E la fa stare tanto trasformata in sé suo Dio, che non si vede esser altro che Dio, il quale continuamente la va tirando e affogando, né mai lasciandola, finché l'abbia condotta a quell'essere donde è uscita, cioè in quella pura nettezza in cui fu creata.

3. Quando l'anima, per interior vista, si vede così da Dio tirar con tanto amoroso fuoco, allora per quel calore dell'affocato amore del suo dolce Signore e Dio, che sente ridondar nella sua mente, tutta si liquefa.

4. Vedendo poi nel divino lume, siccome Dio non cessa mai di tirarla e amorosamente condurla all'intera sua perfezione, con tanta cura e continua provvisione; e che lo fa solo per puro amore; ed essa per aver l'impedimento del peccato, non poter seguire quel tirare fatto da Dio, cioè quell'unitivo sguardo, che Dio le ha dato per tirarla a sé: vedendo ancora, quanto le importi l'esser ritardata di non poter vedere il divino lume: aggiuntovi l'istinto dell'anima, la quale vorrebbe esser senza impedimento, per esser tirata da esso unitivo sguardo: dico la vista delle predette cose esser quella, che genera alle anime la pena la quale hanno nel Purgatorio.

5. Non che facciano stima della lor pena (benché sia però grandissima), ma fanno più stima assai dell'opposizione che si trovano aver contro la volontà di Dio, il quale vedono chiaramente acceso d'un estremo e puro amore verso di loro.

6. Questo amore, con quell'unitivo sguardo, tira sì forte di continuo, come se altro che questo non avesse a fare.

Perciò l'anima, questo vedendo, se trovasse un altro Purgatorio sopra quello, per potersi levar più presto tanto impedimento, presto vi si getterebbe dentro, per l'impeto di quell'amor conforme tra Dio e l'anima.

XII. - Come Dio purifica le Anime. L'esempio dell'oro nel crogiuolo.

Vedo ancora procedere da quel divino amore verso l'anima certi raggi e lampi affocati, tanto penetranti e forti, che pare debbano annichilare non solo il corpo, ma ancora essa anima, se fosse possibile.

2. Questi raggi fanno due operazioni: per la prima purificano, con la seconda annichilano.

3. Vedi l'oro: quanto più tu lo fondi, tanto più divien migliore, e tanto lo potresti fondere, che annichileresti in esso ogni imperfezione.

Questo effetto fa il fuoco nelle cose materiali; ma l'anima non si può annichilare in Dio, ma sibbene in sé propria: e quanto più la purifichi, tanto più in sé l'annichili, e alfine in Dio resta purificata.

4. L'oro quando è purificato per fino a ventiquattro carati, non si consuma poi più, per fuoco che tu gli possa dare; perché non si può consumare se non la sua imperfezione.

Così fa il divin fuoco nell'anima. Dio la tiene tanto al fuoco, che le consuma ogni imperfezione, e la conduce alla perfezione di ventiquattro carati (ognuna però in suo grado): e quando è purificata resta tutta in Dio, senza alcuna cosa in sé propria e il suo essere è Dio.

5. Il quale quando ha condotta a sé l'anima così purificata, allora l'anima resta impassibile, perché più non le resta da consumare. E se pur così purificata fosse tenuta al fuoco, non le sarebbe penoso; anzi le sarebbe fuoco di divino amore, come vita eterna, senz'alcuna contrarietà.

XIII. - Desiderio ardente delle Anime di trasformarsi in Dio, e sapienza di Dio nell'occultare ad esse le loro imperfezioni.

 

L' anima è stata creata con tutte quelle buone condizioni, delle quali era capace, per pervenire alla perfezione: vivendo però come Dio le ha ordinato, non contaminandosi d'alcuna macchia di peccato.

2. Ma essendosi contaminata per il peccato originale, perde i suoi doni e grazie, e resta morta, né si può risuscitare, se non da Dio. E quando è risuscitata per il Battesimo, le resta la mala inclinazione, la quale la inclina e conduce (se non fa resistenza) al peccato attuale, per il quale di nuovo muore.

3. Dio poi ancora la risuscita con un'altra grazia speciale; imperocché resta così imbrattata e conversa verso se stessa, che per rivocarla al suo primo stato, come Dio la creò, le bisognano tutte le sopraddette divine operazioni, senza le quali giammai vi potrebbe ritornare.

4. E quando l'anima si trova in via di ritornare a quel suo primo stato, tanto è l'accendimento di doversi trasformare in Dio, che quello è il suo Purgatorio.

Non che possa guardare al Purgatorio, siccome a Purgatorio; ma quello istinto acceso e impedito, è quello che le fa il Purgatorio.

5. Quest'ultimo atto di amore è quello che fa quest'opera senza l'uomo; trovandosi nell'anima tante imperfezioni occulte, che se le vedesse vivrebbe disperata, ma quest'ultimo stato le va consumando tutte.

E poiché sono consumate Dio le mostra all'anima, acciocché essa veda l'operazione divina, che le causa il fuoco d'amore, il quale consuma quelle imperfezioni che sono da consumare.

XIV. - Gioia e dolore delle anime purganti.

Sappi che quello che l'uomo giudica in sé perfezione, innanzi a Dio è difetto: imperocché tutto quello che opera di cose le quali abbiano apparenza di perfezione, come pur le vede, le sente, le intende, le vuole, ovvero ne ha memoria, senza riconoscerle da Dio, in tutte si contamina e imbratta.

2. Perché, dovendo le operazioni essere perfette, bisogna che siano operate in noi senza noi, quanto come agenti principali: e che l'operazione di Dio sia in Dio, senza l'uomo primo operante.

3. Queste tali operazioni sono quelle, che fa Dio nell'ultima operazione dell'amor puro e netto, da sé solo, senza merito nostro: le quali sono tanto penetranti e affocate all'anima, che il corpo il quale le è intorno, par che si consumi in quel modo come chi stesse in un gran fuoco; perché non quieterebbe giammai fino alla morte.

4. È vero che l'amor di Dio, il quale ridonda nell'anima (secondo ch'io vedo) le dà una contentezza sì grande, che non si può esprimere; ma questa contentezza, alle anime che sono in Purgatorio, non leva scintilla di pena.

5. Anzi quell'amore il quale si trova ritardato, è quello che fa loro la pena; e tanto fa pena maggiore, quanta è la perfezione dell'amore del quale Iddio le ha fatte capaci.

6. Sicché le anime in Purgatorio hanno contento grandissimo e pena grandissima, e l'una cosa non impedisce l'altra.

XV. - Le Anime purganti non possono più meritare.
Come è disposta la loro volontà verso le opere offerte in questo mondo a loro suffragio.

Se le anime del Purgatorio potessero purgarsi per contrizione, in un istante pagherebbero tutto il loro debito; tanto affocato impeto di contrizione verrebbe loro; e questo per il chiaro lume che hanno dell'importanza di quell'impedimento, il quale non le lascia congiungere con il loro fine e Amore Dio.

2. E sappi certo, che del pagamento a quelle anime, pure un minimo danaio non si perdona, essendo così stato stabilito dalla divina giustizia; e questo è quanto per parte di Dio.

3. Per parte poi delle anime, esse non hanno più propria elezione, e non possono più vedere, se non quanto vuole Dio, né altro vorrebbero, imperocché così sono stabilite.

4. E se alcuna elemosina è fatta loro da quelli che sono nel mondo, la quale diminuisca loro il tempo, non si possono più voltare con affetto per vederla, eccetto sotto quella giustissima bilancia della volontà divina, in tutto ciò lasciando fare a Dio, il quale si paga come alla sua infinita bontà piace. E se si potessero voltare a vedere esse limosine fuori di essa divina volontà, sarebbe loro una proprietà che leverebbe loro la vista del divino volere; il che sarebbe loro un Inferno.

5. Perciò stanno immobili a tutto quello che Dio dà loro, così di piacere e contentezza, come di pena: e mai più a sé proprie si possono voltare, tanto sono intime e trasformate nella volontà di Dio, e si contentano in tutto dell'ordinazione sua santissima.

 

XVI. - Le Anime vogliono la perfetta purificazione.

E quando un'anima fosse presentata alla visione di Dio, avendo ancora un poco da purgare, se le farebbe una grande ingiuria, e le sarebbe passione maggiore che dieci Purgatorii.

2. Perciocché quella pura bontà e somma giustizia non la potrebbe sopportare, e sarebbe cosa inconveniente da parte di Dio.

3. Ed a quell'anima che vedesse Iddio non essere pienamente da sé ancora soddisfatto, in modo che le mancasse pure un sol batter d'occhio di purgazione, le sarebbe cosa intollerabile, e per levarsi quella poco ruggine, andrebbe più presto in mille Inferni (quando se li potesse eleggere), che star innanzi alla divina presenza, non purificata in tutto ancora.

XVII. - Esortazioni e rimproveri ai viventi. E così quell'anima benedetta, vedendo le sopradette cose nel divin lume, disse:

1. Viemmi voglia di gridar un sì forte grido, che spaventasse tutti gli uomini che sono sopra la terra, e dir loro: O miseri, perché vi lasciate così accecare da questo mondo, che a una tanta e così importante necessità, come troverete al punto della morte, non date provvisione alcuna?

2. Tutti state coperti sotto la speranza della misericordia di Dio, la quale dite essere tanto grande; ma non vedete che tanta bontà di Dio vi sarà in giudizio, per avere fatto contro la volontà di un tanto buon Signore?

3. La sua bontà vi dovrebbe costringere a far tutta la sua volontà, e non darvi speranza di far male; perciocché la sua giustizia non ne può ancora mancare, ma bisogna che in alcun modo sia soddisfatta appieno.

4. Non ti confidare dicendo: Io mi confesserò, e poi prenderò l'Indulgenza Plenaria, e sarò in quel punto purgato di tutti i miei peccati, e così sarò salvo.

5. Pensa che la confessione e contrizione la quale è di bisogno per essa Indulgenza Plenaria, è cosa tanto difficile di avere, che se tu lo sapessi, tremeresti per gran paura, e saresti più certo di non averla, che di poterla avere.

XVIII. - Sofferenza spontanea e lieta delle Anime purganti.

Io vedo quelle anime stare nelle pene del Purgatorio con la vista di due operazioni.

2. La prima è, che patiscono volentieri quelle pene, e par loro vedere che Dio abbia lor fatto gran misericordia, considerando quello che meritavano, e conoscendo quanto importa Dio. Imperocché se la sua bontà non temperasse la giustizia con la misericordia, (soddisfacendola con il prezioso sangue di Gesù Cristo), un sol peccato meriterebbe mille perpetui Inferni.

3. E perciò patiscono questa pena così volentieri, che non se ne leverebbero un sol carato, conoscendo di giustissimamente meritarla, ed essere bene ordinata: in modo che tanto si lamentano di Dio (quanto alla volontà) come se fossero in vita eterna.

4. L'altra operazione è un contento, il quale hanno vedendo l'ordinazione di Dio con l'amore e misericordia che opera verso le anime.

5. Queste due viste Iddio le imprime in quelle menti in un istante; e perché sono in grazia, le intendono e capiscono così come sono, secondo la loro capacità; e perciò dan loro un gran contento, il quale non manca mai; anzi va loro crescendo tanto, quanto più si approssimano a Dio.

6. E quelle anime non lo vedono in loro, né per loro proprie, ma in Dio; nel quale sono assai più intente, che nelle patite pene, e del quale fanno assai più stima senza comparazione. Perciocché ogni poca vista che si possa aver di Dio, eccede ogni pena e ogni gaudio, che l'uomo può capire: e benché la ecceda, non leva loro però una scintilla di gaudio o di pena.

XIX. - La Santa conclude la sua dottrina sulle anime del Purgatorio coll'applicazione di ciò che esperimenta nell'anima sua.

Questa forma purgativa ch'io vedo delle anime del Purgatorio, la sento nella mente mia, massimamente da due anni in qua; e ogni giorno la sento e vedo più chiara.

2. Vedo star l'anima mia in questo corpo, come in un Purgatorio, conforme e consimile al vero Purgatorio, con la misura però che il corpo può sopportare, acciocché non muoia, sempre non di meno crescendo a poco a poco, sino a tanto che pur muoia.

3. Vedo lo spirito alienato da tutte le cose, anche spirituali, che gli possono dare nutrimento, come sarebbe allegrezza, dilettazione, o consolazione; e non ha la possanza di gustare alcuna cosa sia temporale o spirituale, per volontà, per intelletto, né per memoria, in tal modo ch'io possa dire: Mi contento più di questa cosa, che di quell'altra.

4. Trovasi l'interior mio in modo assediato, che di tutte quelle cose, dove si refrigerava la vita spirituale e corporale, tutte a poco a poco gli sono state levate: e poiché gli sono levate, conosce tutte essere state cose da pascersi e confortarsi; ma come sono dallo spirito conosciute, tanto sono odiate e abborrite, che se ne vanno tutte senza alcun riparo.

5. Questo è perché lo spirito ha in sé l'istinto di levarsi ogni cosa impeditiva alla sua perfezione, e con tanta crudeltà, che quasi permetterebbe mettersi nell'Inferno per venir al suo intento.

E perciò va levando tutte le cose, onde l'uomo interiore si possa pascere; e l'assedia tanto sottilmente, che non vi può passar così minimo bruscolo d'imperfezione, che non sia da lui veduto e abborrito.

6. Quanto alla parte esteriore, perché lo spirito non le corrisponde, resta ancor essa tanto assediata, che non trova cosa in terra, dove si possa refrigerare secondo il suo umano istinto.

Non le resta altro conforto che Dio, il quale opera tutto questo per amore e con gran misericordia, per soddisfare alla giustizia sua.

7. Questa vista le dà gran pace e contentezza; ma questa contentezza non diminuisce però la pena, né l'assedio; né se le potrebbe dar sì gran pena, che volesse uscir di quella divina ordinazione. Non si parte di prigione, né ancor cerca di uscirne, fino a tanto che Dio faccia tutto quello che sarà bisogno. Il mio contento è che Dio sia soddisfatto; né potrei trovare maggior pena, come di uscir fuori dell'ordinazione di Dio: tanto la vedo giusta e con gran misericordia.

8. Tutte le predette cose le vedo e tocco, ma non so trovar vocaboli convenienti per esprimere quanto vorrei dire; e quello che ne ho detto, lo sento operar dentro spiritualmente, e però l'ho detto.

9. La prigione nella quale mi par essere, è il mondo; il legame, il corpo. E l'anima illuminata dalla grazia, è quella che riconosce l'importanza di essere ritenuta o ritardata, per qualche impedimento, di non poter conseguire il fine suo: e però le dà gran pena, per essere molto delicata.

10. Riceve ancor da Dio per grazia una certa dignità, la quale la fa simile ad esso Dio; anzi la fa con seco una cosa medesima per partecipazione della sua bontà. E siccome a Dio è impossibile che accader possa alcuna pena, così interviene alle anime che si approssimano a lui; e quanto più se gli approssimano, tanto più della sua proprietà ricevono.

11. La ritardazione dunque che trova l'anima, le causa pena intollerabile: la pena e il ritardo, la fanno disforme da quelle proprietà, che essa ha per natura, e che per grazia le son mostrate; e non potendole avere, ed essendone capace, resta con la pena tanto grande, quanto ella stima Dio. La stima è tanto maggiore poi, quanto più conosce; e tanto più conosce quanto più è senza peccato; e l'impedimento resta più terribile, massime che l'anima resta tutta raccolta in Dio, e per non avere alcun impedimento, conosce senza errore.

12. Siccome l'uomo che si lascia ammazzare, prima che offender Dio, sente il morire e gli dà pena; ma il lume di Dio gli dà uno zelo, il quale gli fa più stimare il divino onore che la morte corporale; così l'anima conoscendo l'ordinazione di Dio, stima più quella ordinazione, che non fa tutti i tormenti interiori ed esteriori per terribili che possano essere; e questo perché Dio, per il quale si fa questa opera, eccede ogni cosa che sentire e immaginare si possa.

13. E conciossiaché l'occupazione che Dio dà all'anima di sé, per poca che sia, la tenga tanto in sua Maestà occupata, che di altro non può far stima, perciò perde ogni proprietà, né più vede, parla, né conosce danno o pena in sé propria; ma il tutto, come di sopra è detto, conosce in un istante, quando passa di questa vita.

E finalmente, per conclusione, intendiamo, che Dio fa perdere tutto quello che è dell'uomo, e il Purgatorio lo purifica.

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