La prima porta: la lingua

 

 

28. Orsù dunque accostiamoci prima alla porta costituita dalla lingua, poiché questa è la più affollata, e prima di ogni cosa prepariamole frattanto dei battenti e delle sbarre non di legno né di ferro, ma d’oro.

Infatti è realmente d’oro la città che si sta così formando, poiché non un uomo, ma lo stesso re dell’universo sta per abitare questa città, non appena sarà costruita.

E, proseguendo il discorso, vedrete dove gli disponiamo la reggia.

Prepariamole dunque battenti e sbarre d’oro, le parole di Dio, come dice il profeta: "Per la mia bocca le parole di Dio sono superiori al miele ed al favo, all’oro ed alla pietra molto preziosa".

Impariamo ad avere sempre queste parole sulle labbra, anche durante le nostre passeggiate, non semplicemente né superficialmente né saltuariamente, ma costantemente.

Non bisogna porre sulle porte soltanto lamelle d’oro, ma fabbricarle tutte spesse e salde completamente d’oro, ed avere pietre preziose al posto di pietre comuni infisse al di fuori. E sbarra di queste porte sia la croce di Cristo, tutta interamente composta di pietre preziose e fissata trasversalmente in mezzo alle porte.

Quando avremo preparato le porte così spesse e d’oro ed avremo messo la sbarra, prepariamo anche i cittadini degni.

Chi sono questi? Le parole nobili e sante che insegniamo a pronunziare al bambino.

Ed espelliamo frequentemente gli stranieri, cosicché non si insinuino tra questi cittadini individui mescolati alla rinfusa ed uomini nocivi: i discorsi arroganti ed oltraggiosi, insensati, vergognosi, terreni, mondani cacciamoli tutti.

E nessuno entri attraverso queste porte, ma solo il re. E questa porta sia aperta a lui ed a tutti i suoi, affinché anche di essa si dica: "Questa è la porta del Signore, i giusti passeranno per essa". E secondo il beato Paolo: "Se c’è una buona parola ad edificazione, per concedere grazia a chi ascolta".

Le parole siano rendimento di grazie, inni santi trattino sempre di Dio, della saggezza di lassù.

29. Come dunque avverrà questo? Ed in che modo li educheremo? Se saremo sicuri interpreti della realtà: ampia infatti è la disponibilità del fanciullo.

Come? Non lotta per ricchezze, non per gloria: è ancora piccolo; non per donna, non per figli, non per casa. Così quale motivo avrebbe di violenza e di bestemmia? Tutta la sua lotta è con coetanei.

30. Impari subito una legge: non essere violento con nessuno, non calunniare nessuno, non giurare, non essere litigioso.

E se vedessi che trasgredisce la legge, rimproveralo, ora con uno sguardo severo, ora con parole che possono ferire, ora con biasimi; a volte invece blandiscilo e fagli delle promesse.

Nessuna pena corporale senza interruzione, perché non lo abitui ad essere educato in questo modo: se infatti imparerà ad essere educato continuamente così, imparerà pure a disprezzare tale educazione e, una volta imparato a disprezzarla, tutto è rovinato.

Tema invece sempre le pene corporali, senza però riceverne; e sia vibrata la sferza, senza però essere fatta cadere.

E le minacce non si traducano mai in realtà, senza però che sia palese questo, che le parole arrivano solo fino alle minacce: la minaccia infatti è un bene, quando si crede che si possa realizzare, mentre se chi sbaglia verrà a conoscere l’effettivo risultato, ne avrà disprezzo.

Sia preparato invece ad essere corretto, ma non venga corretto, affinché non svanisca il timore, ma rimanga come un fuoco vivo e che divora d’ogni parte le spine o come una vanga aguzza e profonda che scava sino in fondo.

29. Come dunque avverrà questo? Ed in che modo li educheremo? Se saremo sicuri interpreti della realtà: ampia infatti è la disponibilità del fanciullo.

Come? Non lotta per ricchezze, non per gloria: è ancora piccolo; non per donna, non per figli, non per casa. Così quale motivo avrebbe di violenza e di bestemmia? Tutta la sua lotta è con coetanei.

30. Impari subito una legge: non essere violento con nessuno, non calunniare nessuno, non giurare, non essere litigioso.

E se vedessi che trasgredisce la legge, rimproveralo, ora con uno sguardo severo, ora con parole che possono ferire, ora con biasimi; a volte invece blandiscilo e fagli delle promesse.

Nessuna pena corporale senza interruzione, perché non lo abitui ad essere educato in questo modo: se infatti imparerà ad essere educato continuamente così, imparerà pure a disprezzare tale educazione e, una volta imparato a disprezzarla, tutto è rovinato.

Tema invece sempre le pene corporali, senza però riceverne; e sia vibrata la sferza, senza però essere fatta cadere.

E le minacce non si traducano mai in realtà, senza però che sia palese questo, che le parole arrivano solo fino alle minacce: la minaccia infatti è un bene, quando si crede che si possa realizzare, mentre se chi sbaglia verrà a conoscere l’effettivo risultato, ne avrà disprezzo.

Sia preparato invece ad essere corretto, ma non venga corretto, affinché non svanisca il timore, ma rimanga come un fuoco vivo e che divora d’ogni parte le spine o come una vanga aguzza e profonda che scava sino in fondo.

più conviene che indossino questo abbigliamento regale coloro che si dedicano alla milizia celeste.

Impari dunque a salmodiare a Dio, per non perdere tempo in canti vergognosi ed in racconti sconvenienti.

35. E questa porta sia così assicurata e siano scelti quei determinati cittadini; uccidiamo invece dentro gli altri, come le api i fuchi, non lasciandoli uscire né ronzare.

 

La seconda porta: l’udito

 

 

36. Passiamo ora all’altra porta. Quale è questa? Quella che le è posta vicino ed ha molta affinità con essa, l’udito dico.

Infatti quella ha i cittadini che escono di fuori e nessuno entra attraverso di essa; questa invece li ha che entrano dal di fuori e nessuno esce attraverso di essa.

Ora questa ha molta affinità con quella: infatti se non permette che varchi le sue soglie nessun criminale o scellerato, non provoca grande difficoltà alla bocca, poiché chi non ode cose vergognose né malvagie non pronunzia neppure cose vergognose, allo stesso modo che, se questa è aperta a tutti, recherà danno a quella e provocherà confusione a tutti quelli di dentro. Forse bisognava dire prima tutto intorno a questa e sbarrare il primo ingresso.

37. Ora nulla di sconveniente ascoltino i fanciulli né da parte dei servitori né dal pedagogo né dalle nutrici. Ma come le piante hanno soprattutto bisogno di molta cura allorquando sono giovani, così anche i fanciulli.

Preoccupiamoci dunque di buone nutrici, affinché fin dalla base si ponga un buon fondamento e dall’inizio non accolgano in nessun modo nulla di malvagio.

38. Perciò non ascoltino neppure racconti frivoli e da vecchierelle.

"Il tale, dice, amò il tale. Il figlio del re e la figlia più piccola fecero questo". Non ascoltino niente di ciò, ma ascoltino altre cose senza alcuna circonlocuzione, con molta semplicità.

E’ possibile da parte di schiavi e di servitori, ma non di tutti: infatti non sia permesso ad ogni servitore di unirsi ad essi, ma siano ben noti, come sono noti quelli che si accostano ad una statua, coloro che collaborano con noi all’opera d’arte.

Come infatti non è sconveniente, se noi siamo architetti e costruiamo una casa per un signore, non permettere da parte nostra che si accostino alla costruzione indistintamente tutti i servitori, così ora fondando una città e dei cittadini per il re celeste non è sconveniente affidare a tutti il lavoro?

Invece quanti dei servi sono validi collaborino; se invece non ce n’è nessuno, cercane uno a pagamento, un uomo di valore, e affida il tutto specialmente a lui, cosicché collabori all’impresa.

 

La storia di Caino e Abele

 

 

39. Non ascoltino dunque siffatti racconti. Ma quando abbia interrotto le fatiche derivanti dagli studi (lo spirito infatti ama trattenersi sulle antiche narrazioni), parlagli distogliendolo da ogni atteggiamento puerile, dal momento che tu stai allevando un saggio ed un atleta ed un cittadino dei cieli.

Digli dunque e raccontagli: "C’erano una volta due figli di un solo padre, due fratelli". Poi, dopo esserti fermato, aggiungi: "Ed usciti da uno stesso ventre. Uno era più vecchio, l’altro più giovane. Ed uno era contadino, il più vecchio; l’altro, il più giovane, pastore. E questo conduceva le greggi nelle valli e negli stagni".

Ed addolcisci il racconto, in modo che il fanciullo provi qualche diletto e non gli affatichi lo spirito. "Quello seminava e piantava. E talvolta parve bene ad essi rendere onore a Dio. Ed il pastore, presi i primi capi delle greggi, le offrì a Dio".

Non è molto meglio raccontare queste cose al posto dei montoni dal vello d’oro e di quella fanfaronata? Quindi tienilo desto ha un certo senso il racconto , non aggiungendo nulla di falso, ma ciò che deriva dalla Scrittura. E quando ebbe offerto a Dio le primizie, all’improvviso discese un fuoco dal cielo e tutto attrasse verso l’altare celeste. Il più vecchio non fece così, ma se ne andò e, riservatesi le primizie delle sue fatiche, offrì a Dio le seconde parti. E Dio non le gradì, ma le trascurò e le lasciò rimanere sulla terra. Quelle invece le accolse in alto presso di sé. E come avviene per i soprintendenti nelle campagne, che il padrone onora ed accoglie in casa uno di quelli che gli recano offerte, mentre ne lascia stare fuori un altro, allo stesso modo avvenne anche qui.

Che avviene poi dopo ciò? Il fratello più vecchio si afflisse come disonorato e messo da parte, ed era fosco. Gli dice Dio: "Perché ti sei afflitto? Non sapevi che tu offri a Dio? Perché mi hai offeso? Che cosa hai da protestare? Perché mi hai offerto le seconde parti?".

E se ti pare opportuno usare un linguaggio più semplice, dirai: "Quello non avendo nulla da dire se ne stava zitto o piuttosto cessò di parlare. Dopo ciò, visto il suo fratello più piccolo, gli disse: "Usciamo in campagna". E, sorpresolo con inganno, il maggiore lo uccise.

Pensava di sfuggire a Dio. Ma Dio gli si avvicina e gli dice: "Dov’è tuo fratello?". Quello risponde: "Non lo so: sono forse guardiano di mio fratello?". Dio gli dice: "Ecco, il sangue di tuo fratello dalla terra grida verso di me".

Si sieda accanto anche la madre mentre l’anima del fanciullo viene così plasmata da questi racconti, affinché anch’essa collabori e lodi ciò che si dice.

"Che avvenne dunque dopo ciò? Dio accolse quello in cielo e, una volta morto, è lassù".

Con questi racconti il fanciullo apprende la dottrina della risurrezione. Infatti se si spacciano nei miti notizie di tal genere, come "e la rese una semidea", ed il fanciullo vi crede e non sa che cosa vuol dire "semidea", ma sa bene che è qualcosa di più grande rispetto all’uomo e udendo ne rimane subito ammirato, quanto di più se ascolterà della risurrezione e che la sua anima è salita al cielo.

"E subito accolse quello lassù. Costui invece, l’assassino, continuava a vivere per molti anni soffrendo intensamente, in compagnia di timore e tremore, e pativa infiniti mali ed era castigato ogni giorno".

Ed insisti a lungo sul castigo, non momentaneamente, sul fatto che "udì da parte di Dio: "Sarai afflitto e tremante sulla terra". Poiché il bambino non sa che cosa vuol dire ciò, digli: "Come tu che ti trovi davanti ed in lotta col maestro, se per caso stai per essere sferzato tremi ed hai paura, così viveva quello continuamente, dopo aver offeso Dio".

40. Basta fin qui per lui: e narragli questo racconto in una sola sera a cena.

La madre poi ripeta le stesse cose. In seguito, quando le avrà udite spesso, domandi anche a lui: "Dimmi il racconto", affinché si senta pure preso dalla emulazione. E quando avrà assimilato il racconto, allora gliene rivelerai anche la utilità. Infatti l’anima che ha assimilato in sé il racconto sa portare frutti prima del tuo intervento, ma tuttavia anche tu digli in seguito: "Vedi quale male è la gola? Quale male è invidiare il fratello? Vedi quale male è pensare di nascondersi di fronte a Dio? Infatti egli vede tutto, anche ciò che avviene in segreto".

Se riuscirai ad inculcare nel fanciullo questo solo pensiero, non avrà bisogno del pedagogo, poiché questo timore da parte di Dio incombe sul fanciullo più di ogni timore ed assilla la sua anima.

41. E non solo questo, ma conducilo guidandolo per mano alla chiesa e preoccupati di condurvelo specialmente quando si legge questo racconto.

Lo vedrai rallegrarsi ed esultare e gioire perché egli conosce ciò che tutti ignorano, ed afferrare ed apprendere e trarne grande profitto. E da quel momento il fatto è riposto nella sua memoria.

42. C’è pure un altro profitto da trarre dal racconto. Impari da te che non bisogna affliggersi quando si soffre del male: qui subito fin dall’inizio Dio lo mostra in questo fanciullo, dal momento che mediante la morte accolse su in cielo colui che gli era accetto.

 

La storia di Giacobbe ed Esaù

 

 

43. Quando questo racconto si sarà impresso nella mente del fanciullo, introducine un altro, come quello dei due altri fratelli, e narra: "C’erano una volta due altri fratelli, di nuovo uno più vecchio e l’altro più giovane. E il più vecchio era cacciatore; il più giovane, dedito ai lavori di casa".

Questo racconto possiede pure una attrattiva più grande del primo, in quanto contiene molte peripezie ed essi erano maggiori di età.

Questi due fratelli erano pure gemelli . Ma dopoché nacquero, la madre prediligeva il più piccolo, il padre il più grande. E quello trascorreva fuori molto tempo nei campi; questo invece, il più giovane, in casa. Ed una volta narra il racconto " suo padre divenuto vecchio dice a quello che prediligeva: "Poiché, o figlio, sono divenuto vecchio, va’ e preparami della selvaggina, cioè cattura una gazzella o una lepre e portala e falla cuocere, affinché dopo averne mangiato io ti benedica".

Al più piccolo invece non disse nulla di simile. Ma la madre, avendo udito il padre che diceva tali cose, chiamato il più giovane gli dice: "Figlio, poiché tuo padre ordinò a tuo fratello di portargli della selvaggina, affinché dopo aver mangiato lo benedica, ascoltami. Va’ dal gregge e, presi dei capretti teneri e molli, portameli ed io li preparerò come desidera tuo padre e tu andrai da lui affinché, mangiatili, ti benedica".

Ora il padre aveva la vista debole a causa della vecchiaia. Quando dunque il più giovane portò i capretti, la madre li fece cuocere e, poste su un piatto le vivande, le diede al figlio e lo fece entrare. Gli fece però indossare pelli di capra per non essere scoperto, poiché quello era glabro, suo fratello invece peloso, affinché potesse rimanere nascosto ed il padre non se ne accorgesse. E così lo mandò.

Il padre allora, credendo che fosse realmente il più vecchio, dopo aver mangiato lo benedisse. Quindi, dopo che si compi la benedizione, arriva il più vecchio portando la selvaggina e, visto l’accaduto, gridando ad alta voce si mise a piangere.

44. Guarda quante cose belle nascono da questo racconto. E non entrare in tutti i suoi dettagli: infatti osserva quanti spunti nascono da esso.

Anzitutto i figli provano rispetto e stima per i padri vedendo che è così ambita la benedizione dei padri e preferiranno ricevere infiniti colpi piuttosto che udire delle maledizioni da parte dei padri.

Se poi un racconto fittizio di qualcosa occupa così la loro anima da essere ritenuto degno di fede, ciò che è realmente vero come non potrà occuparla e riempirla di molto timore?

Bisogna disprezzare il ventre. È necessario infatti che quel racconto mostri come non guadagnò nulla dall’essere il primogenito ed il più vecchio: per la intemperanza del ventre perdette la prerogativa della primogenitura.

45. Quindi quando avrà diligentemente appreso questo, un’altra sera gli dirai di nuovo: "Raccontami la storia di quei due fratelli".

E se comincerà a narrare quella di Caino e Abele, fermalo e digli: "Non voglio questa, ma quella degli altri due, dove il padre benedisse". E dà le indicazioni, senza citare ancora i nomi.

Quando ti avrà raccontato tutto, aggiungi il seguito e dì:

46. "Ascolta ora ciò che capitò dopo questi fatti.

Anche costui cercava di uccidere il fratello, come quello di prima, ed attendeva la fine del padre. Ma la madre avendone avuto sentore ed essendosi spaventata, lo fece andare in esilio".

Ora la profonda saggezza che oltrepassa la capacità di intendere del fanciullo può tuttavia con un opportuno adattamento essere comunicata anche alla tenera mente infantile, se presenteremo convenientemente il racconto.

Così dunque gli diremo: "Questo fratello se ne andò e giunse in un luogo non avendo nessuno con sé, né schiavo né domestico né pedagogo né alcun altro. Giunto in un luogo si mise a pregare e disse: "O Signore, dammi pane e vestito e salvami". Quindi, dopo aver detto ciò, per la tristezza si addormentò. E vide nel sonno una scala dalla terra al cielo e gli angeli di Dio che salivano e scendevano e Dio stesso posto in alto sulla cima e disse: "Benedicimi". E lo benedisse e lo chiamò Israele ".

Il nome dei figli

47. A buon punto mi sono ricordato e mi è venuta un’altra idea dal nome. Quale è mai questa? Infondiamo subito in loro a partire dall’attribuzione del nome lo zelo della virtù. Nessuno dunque per dare il nome ai figli ricorra ai nomi degli antenati, del padre e della madre e del nonno e del bisnonno, ma a quelli dei giusti, dei martiri, dei vescovi, degli apostoli. Sia anche questo per loro uno stimolo: uno si chiami Pietro, un altro Giovanni, un altro abbia" un altro nome di un santo.

48. E non imitatemi le usanze greche. Infatti non è piccola vergogna e scherno quando in casa di cristiani si svolgono certe usanze greche ed accendono fiaccole e si fermano ad aspettare quella che si spegne e consuma per prima, ed altre simili cose che arrecano un danno non comune a quelli che le fanno.

Non pensiate che ciò che avviene sia cosa da poco ed insignificante.

49. Ora esorto anche voi a questo, a chiamare i vostri figli con i nomi dei giusti.

Infatti all’inizio era naturale che ciò avvenisse e chiamassero i figli con i nomi degli antenati: era un conforto della morte, perché lo scomparso sembrasse vivere per il nome; ora non più.

Infatti vediamo che i giusti non chiamano così i loro figli: Abramo generò Isacco; furono chiamati l’uno Giacobbe, l’altro Mosè non dagli antenati, né troveremo mai qualcuno dei giusti chiamato in questo modo. Di quale virtù e conforto se è quindi esempio anche l’attribuzione del nome!

Per il fatto che non troveremo nessun’altra causa del nome se non questa, che è ricordo della virtù. "Infatti, dice, tu sarai chiamato Cefa, che significa Pietro". Per quale motivo? Perché hai reso testimonianza.

"E tu ti chiamerai Abramo". Per quale motivo?

"Perché sarai padre di popoli". " Ed Israele, perché vedesti Dio".

Di qui dunque anche noi cominciamo a prenderci cura dei figli e ad educarli.

50. Ma, come dicevo, " vide una scala che saliva al cielo e discendeva qui".

Entri dunque nelle case il nome dei santi attraverso l’imposizione del nome ai figli, affinché possa educare non solo il figlio, ma anche il padre, quando penserà che è padre di Giovanni, di Elia, di Giacobbe. Se sarà infatti dato con devozione e con rispetto per gli scomparsi e riusciremo ad ottenere la parentela dei giusti piuttosto che quella degli antenati, molto questo gioverà e a noi ed ai figli.

Non credere già, perché è piccola cosa, che sia insignificante: è invece garanzia di aiuto.

51. Ma, come dicevo, torniamo di nuovo al seguito. "Vide una scala ben fissa; chiese di essere benedetto; Dio lo benedisse; ritornò dai suoi parenti; si dedicava al pascolo".

Raccontagli poi le vicende riguardo la sposa ed il ritorno; e trarrà di qui grande profitto.

Considera infatti quanto apprenderà: sarà educato a sperare nel Signore; a non disprezzare nessuno, pur discendendo da un nobile; a non vergognarsi della semplicità; a sopportare coraggiosamente le avversità e molte altre cose.

52. Dopo questi racconti narrane a lui già cresciuto anche altri che incutano più timore.

Alla mente ancora giovane non imporre un tale peso, perché non ne sia spaventata.

Quando avrà quindici anni o anche più, senta parlare dell’inferno; anzi, quando avrà dieci anni oppure otto o meno ancora, senta parlare del diluvio e delle vicende di Sodoma e degli avvenimenti d’Egitto (fatti tutti che sono pieni di castighi) con grande abbondanza di particolari.

E, ancora cresciuto di più, senta anche i fatti del Nuovo Testamento, quelli relativi alla grazia, quelli dell’inferno.

Rafforza tutto intorno il suo udito con questi discorsi e con infiniti altri, presentandogli pure degli esempi attinti da casa sua.

53. E se qualcuno raccontasse pure cose false, non permettiamo in nessun modo, come dicevo, che alcuno gli si avvicini.

E se tu noterai alla sua presenza uno schiavo che parla male, puniscilo subito e sii severo e rigoroso censore delle colpe.

E se vedrai una fanciulla..., o, meglio, non si accosti una fanciulla e non attizzi il fuoco, a meno che si tratti di una vecchia e tale che non abbia alcun mezzo sufficiente per attirare un giovane; stia lontano invece da una fanciulla più che dal fuoco.

Così dunque non dirà nulla di sconveniente se non udirà nulla di sconveniente, ma sarà educato secondo questi principi.

 

La terza porta: l’olfatto

 

 

54. Vuoi che passiamo ad un’altra porta, quella dell’olfatto?

Anche questa arreca grande danno se non è rafforzata, come le essenze ed i profumi.

Nulla distende così la tensione dell’anima, nulla così la rilassa come dilettarsi di buoni profumi.

"Che dunque, dici, bisogna rallegrarsi del sudiciume?". Non dico questo, ma che non ci si deve rallegrare né di questo né di quello.

Che nessuno gli offra del profumo: infatti il cervello, appena accolto questo, si affloscia completamente. Di qui si ridestano anche i piaceri e grande è il pericolo di questa situazione.

Ora dunque rinforza questa porta: il suo compito infatti è di respirare l’aria, non di aspirare il profumo. Forse alcuni ridono, come se ci preoccupassimo di inezie nel discutere di una tale costituzione; non si tratta però di inezie, ma della base e dell’educazione e dell’ordine di tutto il mondo, se ciò fosse attuato.

 

La quarta porta: gli occhi

 

 

55. C’è anche un’altra porta più attraente di queste, ma più difficile da custodire, quella degli occhi: per questo sta aperta al di sopra e possiede la bellezza. Ha molte aperture non solo per vedere ma anche per essere vista, se è stata ben rifinita.

56. Qui c’è bisogno di leggi severe: anzitutto di una, che il fanciullo non sia mai mandato a teatro, per non subire una rovina totale attraverso l’udito e attraverso gli occhi.

A questo, in piazza, badi soprattutto il pedagogo, facendolo passare attraverso stretti sentieri e lo esorti, così da non subire mai quella rovina.

57. A molte cose si deve dunque badare, perché non subisca tale influenza quando è visto: eliminare l’eccesso dell’eleganza tagliando in segno di serietà i capelli posti in alto.

E se il fanciullo ne fosse dispiaciuto come se fosse privato di ornamento, impari anzitutto che questo è il miglior ornamento.

58. Quanto poi al non vedere, sono sufficienti per la protezione quei discorsi sui figli di Dio perdutisi per le figlie degli uomini , quelli sui Sodomiti, l’inferno e tutti gli altri racconti.

59. Su questo punto soprattutto il pedagogo e l’accompagnatore devono usare molta attenzione. Ma tu mostragli altre cose belle e stornerai di là i suoi occhi, cioè il cielo, il sole, gli astri, i fiori della terra, le praterie, la bellezza dei libri : rallegri la vista con queste cose. E ce ne sono molte altre che non arrecano danno.

60. Infatti questa porta è difficile da custodire, poiché ha il fuoco posto all’interno e, come qualcuno direbbe, una necessità naturale.

Impari i canti divini. Se non è eccitato dall’interno, non vuole neppure vedere al di fuori.

Non prenda il bagno con donne: è un male questa abitudine, e che non lo si mandi neppure a riunioni di donne.

61. Ascolti continuamente tutto il racconto su Giuseppe ed impari inoltre ciò che riguarda il regno dei cieli, quale ricompensa è destinata ai temperanti.

Promettigli anche di presentargli una graziosa sposa e di renderlo successore dell’eredità.

Impiega ogni minaccia se vedessi il contrario e digli: "Non riusciremo ad incontrare, o figlio, una donna virtuosa, se tu non dimostrerai molta vigilanza e l’accrescimento della virtù. Quando sarai divenuto forte, ti condurrò subito alle nozze".

62. Soprattutto se è educato a non dire cose vergognose, fin dall’inizio ha come acquisita la riservatezza.

Parlagli della bellezza dell’anima. Ispiragli nobili pensieri sulle donne. Digli che è degno di uno schiavo essere disprezzato da una schiava e ché il giovane ha soprattutto bisogno di molta cura.

Colui che parla fuori posto sarà notato, mentre colui che vede non lo sarà infatti rapida è questa sensazione e, pur sedendo in mezzo a molti, può conquistare quella che vuole con lo sguardo degli occhi. Non abbia niente in comune con una donna: ad eccezione della madre non guardi alcuna donna.

Non dargli del denaro; nulla di vergognoso penetri in lui; disprezzi il lusso e le altre cose simili.

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