CAPITOLO 6
E una grande turba di questo genere si riversa sopra di me, introducendo, come una specie di spauracchio, delle assurde immagini illusorie di strani demoni, e favoleggiando con chiacchierio di vecchiette: noi siamo però molto lontani dal permettere ad uomini di ascoltare tali discorsi, noi che neppure siamo soliti confortare i nostri bambini quando piangono, raccontando loro delle favole, perché temiamo di nutrire in essi nello stesso tempo l'empietà proclamata da costoro, che si credono sapienti, mentre non conoscono la verità meglio dei bambini. Perché dunque - in nome della verità! - tu dimostri che coloro che credono in te sono soggetti a flusso e a movimento e a disordinati vortici? Perché mi riempi la vita umana di idoli, immaginando che venti o aria o fuoco o terra o pietre o legno o ferro, questo mondo stesso, siano dei, e parlando vanamente e ciarlando della divinità anche degli astri erranti, agli uomini che in realtà sono diventati erranti per mezzo di questa molto celebrata astrologia - non direi astronomia? Io desidero il Signore dei venti, il Signore del fuoco, il Creatore del mondo, il Datore della luce al sole: Dio cerco, non le opere di Dio. Chi dunque potrei prendere dalla tua parte come compagno nella ricerca? Giacché noi non disperiamo interamente di te. Se vuoi, prendiamo Platone. Come dunque bisogna andare alla ricerca di Dio, o Platone? " Il padre e autore di questo mondo È impresa difficile trovare e, trovatolo, È impossibile dichiararlo a tutti". Perché insomma, in nome di Lui stesso? " Perché non può essere espresso assolutamente". Bene, o Platone; hai sfiorato la verità, ma non stancarti, insieme con me intraprendi la ricerca intorno al bene; giacchÈ in tutti gli uomini interamente, ma specialmente in quelli che occupano il loro tempo nei ragionamenti, È stato instillato un certo effluvio divino. In grazia di esso, anche mal volentieri, essi riconoscono che vi È un solo Dio, e che questo È esente da morte e da nascita, e che in alto, nelle più lontane regioni del cielo, in una sua propria e particolare specola, esiste veramente per sempre. Dio, quale deve, dimmi, concepirsi? Quegli che tutto vede e non È visto, dice Euripide. Mi sembra perciò che erri Menandro, dove dice: O Sole, te bisogna adorar prima, poi ch’è per te che gli altri dei si vedono, giacché neppure il sole potrebbe mostrar mai il vero Dio, ma lo potrebbe mostrare il buon Verbo, il quale È il sole dell'anima, per il quale soltanto, quando dentro sia sorto nella profondità della mente, s'illumina l'occhio dell'anima. Perciò non senza ragione Democrito dice che " pochi degli uomini sapienti, sollevate le mani verso quel luogo che ora noi Elleni chiamiamo aere, favoleggiano di Zeus; giacché egli tutto sa e dà tutto e lo toglie ed È re di tutto ". Ragionando in modo simile anche Platone dice oscuramente di Dio: " Intorno al re di tutte le cose, tutte le cose sono, e quella È la causa di tutti quanti i beni ". Chi È dunque il re di tutte le cose? Dio, la misura della verità delle cose che sono. Come perciò le cose che si misurano sono comprese dalla misura, così� anche la verità È misurata e compresa dal conoscere Dio. Il veramente santo MosÈ dice: "Non vi sarà nella tua borsa bilancia e bilancia, grande o piccola, Né vi sarà nella tua casa misura grande o piccola, ma una bilancia vera e giusta sarà a te ", intendendo Dio come bilancia e misura e numero del tutto. Giacché gli ingiusti e iniqui idoli stanno nascosti in casa, nella borsa, e cioè nella, per così� dire, anima insozzata. Ma la sola giusta misura, cioè il solo veramente Dio, il quale È sempre invariabilmente e costantemente imparziale, misura tutte le cose e le pesa, abbracciando e tenendo in equilibrio la natura universa con la sua giustizia, come con una bilancia. " Dio, come anche dice l'antico discorso, avendo il principio e la fine e il mezzo di tutte quante le cose che esistono, tiene una via diritta, andando intorno secondo natura. A lui tien dietro sempre la giustizia, punitrice di quelli che si allontanano dalla legge divina". Da dove derivi, o Platone, la verità a cui tu alludi oscuramente? Da dove derivi l'abbondante apporto degli argomenti, il quale vaticina il culto di Dio? " Più sapienti di questi, egli dice, sono le genti barbare ". Conosco i tuoi maestri, anche se tu voglia nasconderli. Tu apprendi la geometria dagli Egiziani, l'astronomia dai Babilonesi, ricevi dai Traci le salutari incantagioni, molte cose te le hanno insegnate gli Assiri; ma nelle leggi, in quelle che sono veraci, e nella credenza intorno a Dio, tu sei stato aiutato dagli stessi Ebrei, che non con inganni vani onorano l'opre degli uomini fatte d'oro e di bronzo e d'argento e di avorio, immagini di uomini morti, in legno e in marmo effigiati, e quante i mortali onorano nel loro vano consiglio; ma levano verso il cielo le pure mani nell'alba, dal letto appena levati, e sempre purificano il corpo con acqua, ed onorano solo chi sempre regna immortale. E a me, o filosofia, non questo solo, Platone, ma molti altri ancora affrÈttati a presentare, che proclamano Dio quello che solo È veramente Dio, per ispirazione di Lui, se in qualche punto abbiano colto la verità. Non È di carattere cinico questa concezione, di Antistene, ma effetto dell'insegnamento di Socrate: "Dio - egli dice - non somiglia a nessuno, perciò nessuno può conoscerlo esattamente da una somiglianza". Senofonte ateniese, apertamente, anche lui, avrebbe scritto intorno alla verità, portando la sua testimonianza al pari di Socrate, se non avesse temuto il veleno che uccise Socrate; non di meno vi allude oscuramente. " Quegli - dice - che scuote tutte le cose e le serena, che sia grande e potente È chiaro, ma quale sia di forma non È chiaro: neppure il sole infatti, che appare luminosissimo, neppure esso sembra permettere che lo si guardi, ma se qualcuno impudentemente lo miri, È privato della vista". Donde deriva dunque il figlio di Grillo questa sua sapienza? O non È chiaro che dalla profetessa degli Ebrei, che così� oracoleggia? Ma quale carne può dunque vedere con gli occhi il celeste, e vero Dio immortale, che abita nel cielo? Ma neppure, di fronte ai raggi del sole resistere possono gli occhi degli uomini, poi ch'ei son nati mortali. Cleante di Pedase, il filosofo stoico, espone non una teogonia poetica, ma una vera teologia. Egli non nascose quello che pensava intorno a Dio: Il bene quale sia, mi chiedi? Ascolta: esso È ordinato, giusto, santo, pio, di s‚ padron, proficuo, bello, debito, grave, schietto, sempre vantaggioso, senza paura o duolo, utile, anòdino, giovevole, piacevole, sicuro, caro, onorato, coerente.... glorioso, modesto, mite, provvido, forte, costante, eterno, senza biasimo. Non libero È chi mira all'opinione, sperando di ritrarne un qualche bene. Qui chiaramente egli insegna, credo, quale È la natura di Dio, e come l'opinione comune e la consuetudine riducano in servitù coloro che seguono esse e non cercano Dio. Non bisogna trascurare neppure Pitagora e quelli della sua scuola, i quali dicono: "Dio È uno solo; ma egli non È, come alcuni credono, fuori dell'ordinamento dell'universo, ma È in esso, essendo presente interamente nello intero ciclo, presiedente a tutta la creazione, temperamento di tutte le età, e autore di tutti i suoi poteri, e illuminatore di tutte le sue opere nel cielo, e padre di tutto, mente e animazione dell'intero ciclo, movimento di tutte le cose ". Bastano anche queste cose, riferite dagli stessi pagani per ispirazione di Dio, e da noi scelte, come una guida verso la conoscenza di Dio, a colui che È capace, sebbene in piccola misura, di scorgere la verità.
CAPITOLO 7
Ma venga a noi (poiché non basta la sola filosofia) anche la stessa poesia, sebbene interamente occupata nella menzogna, a testimoniare una buona volta la verità, o piuttosto a confessare dinanzi a Dio la sua deviazione da essa, rappresentata dai suoi miti. Si presenti qualunque poeta voglia venire per primo. Arato, dunque, pensa che la potenza di Dio attraversa l'universo: ...perché ben salde tutte le cose crescano, per questo, lui sempre per primo, e ultimo si propiziano; salve, padre, grande prodigio, e grande aiuto per gli uomini! Allo stesso modo anche Esiodo di Ascra parla oscuramente di Dio: Giacché egli È di tutti sovrano e di tutti signore, Né degli immortali alcun altro con te sul potere ha conteso. Inoltre, anche sulla scena essi svelano la verità: l'uno, Euripide, volto lo sguardo all'etere e al cielo, " Questo stima Dio ", dice; l'altro, Sofocle, il figlio di Sofillo: Uno in verità, un solo È Dio, che fece il cielo e la terra vastissima, e dei flutti marini il rilucente rigonfiamento, e la forza dei venti. Ma noi, molti mortali, errando in cuore, come conforto delle nostre pene, i simulacri degli dei innalzammo, immagini di pietra o bronzo o d'oro o d'avorio. Ed a questi dedicando sacrifizi e solenni feste vane in questo modo d'esser pii crediamo. Questo qui, ormai anche temerariamente presentò sulla scena agli spettatori la verità. E il tracio interprete dei misteri e nello stesso tempo poeta, Orfeo, figlio di Eagro, dopo l'esposizione dei riti sacri e la trattazione della divinità degli idoli, introduce la palinodia della verità, cantando così� una buona volta, sebbene tardi, un discorso veramente sacro: Parlerò a quelli ch’è lecito, chiudete le porte o profani, tutti ugualmente; tu, ascoltami, figliuol della Luna, Museo, giacche il vero dirò, Né le cose che pria ti parvero in petto della vita diletta ti priveranno. E tu guarda alla divina parola, ed a questa sta attento, e dirigi rettamente del cuore l'urna ove ha sede intelletto; e per la via dritta incamminati, e guarda solo al Signore, del mondo, immortale. Quindi continuando, soggiunge apertamente: Uno solo ‚, da s‚ nato, e da uno solo son nate tutte le cose; e in esse ei si aggira, e nessun dei mortali lo vede, ed ei vede tutti... Così� dunque Orfeo: col tempo almeno egli comprese finalmente di essere stato nell'errore. Ma tu non indugiare, accorto mortale, ed affrettati, e indietro rivolgendoti, propiziati così� Dio. I Greci infatti, sebbene, avendo indubbiamente ricevuto talune scintille del Verbo divino, abbiano fatto sentire solo pochi accenti della verità, testimoniano la potenza di essa che non È stata nascosta; ma insieme, d'altra parte, rivelano la propria debolezza, perché non giunsero fino al termine. Giacché oramai credo che a chiunque È diventato chiaro che coloro che fanno o anche dicono qualche cosa senza il Verbo della Verità, sono simili a quelli che si sforzano di camminare senza piedi. Ti spingano alla salvezza anche gli attacchi che i poeti comici, costretti dalla forza della verità, fanno ai vostri dei. Il poeta comico Menandro, per esempio, dice nella commedia intitolata " L'auriga ": Non mi piace un dio che vada fuori con una vecchia a spasso, Né che penetri dentro le case con la tavoletta, come un sacerdote questuante: tali infatti sono i sacerdoti questuanti di Cibele. Donde a ragione Antistene diceva ad essi, quando chiedevano l'elemosina: "Io non nutro la madre degli dei, perché la nutrono gli dei". Di nuovo lo stesso poeta comico, nella commedia intitolata " La sacerdotessa", indignato contro questa consuetudine, cerca di combattere l'empia arroganza di questo errore, aggiungendo saggiamente: se, dunque, l'uomo trae coi cembali Dio dovunque voglia quei che fa questo È più grande di Dio. Ma sono questi strumenti d'audacia e di forza, trovati dagli uomini... E non solo Menandro, ma anche Omero ed Euripide e molti altri poeti smascherano i vostri dei e non temono minimamente di insultarli. Per esempio, Atena la chiamano " mosca canina ", ed Efesto " zoppo di tutti e due i piedi", e ad Afrodite Elena dice: Né coi tuoi piedi all'Olimpo fare ritorno mai più. Di Dioniso scrive Omero apertamente: Ei che una volta di Dioniso furente perseguitò le nutrici pel monte di Nisa santissimo; ed esse tutte versarono a terra i sacri arredi, dal crudo Licurgo (percosse)... Degno veramente della socratica scuola È Euripide, Poiché guardò solo la verità e disprezzò gli spettatori, sia quando smaschera Apollo, che le sedi del centro della terra abita, e dà ai mortali sicurissimi oracoli, con queste parole: a lui ubbidendo uccisi la madre, lui giudicate empio ed uccidete; lui, e non io, peccò, che più ignorante e del bello e del giusto egli È di me, sia quando introduce Eracle furioso e, in altro punto, ubbriaco e insaziabile. Come no, infatti? Egli che, mentre banchettava con carni mangiava dopo fichi verdi sguaiatamente latrando così� che l'avrebbe un barbaro compreso... E già nel dramma intitolato " Ione " presenta senza alcun ritegno gli dei agli spettatori: Come può esser giusto che voi stessi che faceste per gli uomini le leggi siate accusati di violarle? Se - ciò non sarò, ma voglio far l'ipotesi - tu e Poseidone e Zeus ch’è re del cielo delle nozze violente il conto rendere agli uomini doveste, il fio pagando delle ingiustizie, vuotereste i templi.
CAPITOLO 8
È tempo dunque, ora che gli altri argomenti sono stati già da noi trattati nell'ordine dovuto, di passare alle scritture dei profeti. E infatti i loro oracoli, coll'indicarci nel modo più chiaro le basi per giungere alla pietà, costituiscono il fondamento della verità. Se anche dei sistemi di vita virtuosi siano accorciatoie della salvezza, sono le divine scritture - spoglie come sono di ogni ornamentazione e di ogni estranea bellezza di parole e di ogni vacuità e adulazione - che rialzano l'uomo soffocato dal vizio, rendendo saldo ciò che di sdrucciolevole È nella vita, con una sola e medesima voce curando molti mali, distogliendoci, da una parte, dall'inganno dannoso e, dall'altra, esortandoci chiaramente alla salvezza che ci sta dinanzi agli occhi. Così� per esempio, per prima la profetessa, la Sibilla, ci canti il canto della salvazione: Ecco, a tutti Egli È chiaro, senza errore; venite, non ricercate sempre la tenebra e la caligine. Del sole, ecco, la dolce luce sopra ogni altra risplende. Ma imparate e ponete nei vostri petti sapienza. V'È un solo Dio, che manda i terremoti e le piogge e i venti e i fulmini e fami e pesti e lutti dogliosi, e nevi e geli. Ma a che dire ad una ad una le cose? Governa il cielo e domina la terra ed esiste realmente. Con grande ispirazione essa assomiglia qui l'inganno alla tenebra e la conoscenza di Dio al sole e alla luce; e avendo posto tutte e due le cose in comparazione, ci insegna quale debba essere la nostra scelta; giacché la menzogna non È dispersa dal nudo confronto col vero, ma È scacciata a forza, e bandita, dalla pratica della verità. Geremia, il profeta sapientissimo, o piuttosto lo Spirito Santo in Geremia, mostra che cosa È Dio. "Io sono", dice, " un Dio che È vicino, e non un Dio lontano. Se l'uomo farà qualche cosa di nascosto, non lo vedrò io? Non riempio io i cieli e la terra? dice il Signore ". Di nuovo poi per mezzo di Isaia: " Chi misurerà", dice, "il cielo col palmo e la intera terra col pugno? ". Considera la grandezza di Dio, e stupisci! Questi È quello che dobbiamo adorare, del quale dice il profeta: " Davanti alla tua faccia i monti si liqueferanno, come davanti alla faccia del fuoco si liquefà la cera". Questi, dice, È Dio, " del quale È trono il cielo, sgabello la terra", " il quale se aprirà il cielo, tremore prenderà te ". Vuoi anche sentire che cosa dice questo profeta intorno agli idoli? "Saranno esposti a esempio di fronte al sole e i loro cadaveri saranno cibo per gli uccelli del cielo e per le fiere della terra, e saranno fatti putrefare dal sole e dalla luna, cose che essi stessi amarono ed a cui essi stessi servirono, e sarà incendiata la loro città". Dice anche che gli elementi e il mondo saranno distrutti insieme con essi: " La terra", dice, " invecchierà e il cielo passerà ", " ma la parola di Dio rimane in eterno ". E che cosa dice Dio, quando di nuovo vuole rivelarsi per mezzo di MosÈ? " Vedete, vedete che io sono Dio e non vi È altro Dio all'infuori di me. Io ucciderò e farò vivere; io percuoterò e io sanerò, e non vi È uno che sfuggirà alle mie mani". Ma vuoi udire anche un altro vaticinatore? Hai tutto il coro dei profeti, i compagni di MosÈ. Che cosa dice ad essi lo Spirito Santo per mezzo d� Osea? Non esiterò a dirvelo: " Ecco, io sono colui che dà forza al tuono e che crea il vento ", le mani del quale fondarono la milizia del cielo. E ancora per mezzo di Isaia (ti ricorderò anche queste parole): "Io sono", dice, " io sono il Signore che parla il linguaggio della giustizia e annunzia la verità. Riunitevi insieme e venite; deliberate insieme, voi che siete salvi dalle genti. Non compresero, quelli che innalzano il legno, immagine scolpita di essi, e pregano gli dei che non li salveranno". Quindi, un po' più giù: "Io sono", dice " Dio, e non vi È, tranne me, altro giusto, e salvatore non vi È all'infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvati, voi che venite dai confini della terra; io sono Dio e non ve n'È altro; su me stesso lo giuro". E si adira contro gli idolatri, dicendo: " A chi assomigliaste il Signore? O a quale somiglianza lo assomigliaste? Fece forse il fabbro un'immagine, o, fuso l'oro, l'orefice la indorò? ", e quello che segue. Forse siete dunque anche voi idolatri? Ma ora almeno evitate le minacce del Signore: giacché gemeranno le immagini scolpite e fatte con le mani, o piuttosto quelli che hanno creduto in esse, giacché la materia È insensibile. Inoltre, egli dice: " Il Signore scuoterà le città abitate e prenderà con la sua mano tutta la terra come un nido ". A che parlarti dei misteri di sapienza e dei detti che provengono da un giovane ebreo sapientissimo?. "Il Signore mi creò nel principio delle sue vie, avanti le sue opere " e " Il Signore dà sapienza e dalla sua faccia sono conoscenza e intelligenza ". " Fino a quando, o pigro, giacerai? Quando ti desterai dal sonno? Se sarai solerte, verrà a te come fonte la tua messe", cioè il Verbo paterno, la buona lucerna, il Signore che reca la luce, la fede e la salvezza a tutti. Giacché " il Signore che fece la terra nella sua forza", come dice Geremia, "raddrizzò il mondo nella sua sapienza ". La sapienza infatti, che È il suo Verbo, raddrizza verso la verità noi che eravamo caduti nella idolatria. E questa È la prima resurrezione, la resurrezione dalla trasgressione: perciò, per distoglierci da ogni forma di idolatria, il divino MosÈ ha lanciato questo grido bellissimo: "Odi, Israel, il Signore È il tuo Dio, il Signore È uno solo", e: " Adorerai il Signore tuo Dio e a lui solo servirai ". Ora dunque intendete, o uomini, secondo l'ammonimento di quel beato salmista che fu David: " Date opera all'istruzione, affinché un giorno non si adiri il Signore, e voi andrete in rovina fuori della via giusta, quando divamperà rapidamente il suo sdegno. Beati tutti quelli che hanno creduto in Lui ". E già, nella sua immensa pietà per noi, il Signore ci dà il canto salutare, simile a un motivo di marcia: "Figli degli uomini, fino a quando sarete gravicordi? Perché amate la vanità e cercate la menzogna? " Quale È, dunque, questa vanità e quale questa menzogna? Te lo spiegherà il santo Apostolo del Signore quando accusa gli Elleni " perché, avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono come Dio, Né gli resero grazie, ma diventarono vani nei loro ragionamenti, e mutarono la gloria di Dio nella somiglianza di una immagine di uomo corruttibile, e servirono alla creatura piuttosto che al Creatore ". E invero Dio È quegli che " nel principio fece il cielo e la terra"; e tu invece non comprendi Dio, ma adori il cielo, e come non È empietà la tua? Ascolta ancora un profeta che dice: " Verrà meno il sole e il cielo si oscurerà, ma splenderà l'onnipotente in eterno e saranno scosse le potenze dei cieli, e i cieli saranno arrotolati, essendo distesi e ripiegati insieme come una pelle " (queste infatti sono le parole profetiche) " e la terra fuggirà dalla faccia del Signore ".