Capitolo 13
L'acedia
L'acedia (1) È una debolezza dell'anima che insorge quando non si vive secondo natura né si fronteggia nobilmente la tentazione (2). Infatti la tentazione È per un'anima nobile ciò che È il cibo per un corpo vigoroso. Il vento del nord nutre i germogli e le tentazioni consolidano la fermezza dell'anima. La nube povera d'acqua È allontanata dal vento come la mente che non ha perseveranza (3) dallo spirito dell'acedia. La rugiada primaverile accresce il frutto del campo e la parola spirituale esalta la fermezza dell'anima. Il flusso dell'acedia caccia il monaco dalla propria dimora, mentre colui che È perseverante se ne sta sempre tranquillo. L'acedioso adduce quale pretesto la visita degli ammalati, cosa che garantisce il proprio scopo. Il monaco acedioso È rapido a svolgere il suo ufficio e considera un precetto la propria soddisfazione; la pianta debole È piegata da una lieve brezza e immaginare la partenza distrae l'acedioso. Un albero ben piantato non È scosso dalla violenza dei venti e l'acedia non piega l'anima ben puntellata. Il monaco girovago (4), secco fuscello della solitudine, sta poco tranquillo e, senza volerlo, È sospinto qua e là di volta in volta. Un albero trapiantato non fruttifica (5) e il monaco vagabondo non dà frutti di virtù. L'ammalato non È soddisfatto da un solo cibo e il monaco acedioso non lo È da una sola occupazione. Non basta una sola femmina a soddisfare il voluttuoso e non È abbastanza una sola cella per l'acedioso.
Capitolo 14
L'occhio dell'acedioso fissa le finestre continuamente e la sua mente immagina che arrivino visite: la porta cigola e quello balza fuori, ode una voce e si sporge dalla finestra e non se ne va da l� finché, sedutosi, non si intorpidisce. Quando legge, l'acedioso sbadiglia molto, si lascia andare facilmente al sonno (1), si stropiccia gli occhi, si stiracchia e, distogliendo lo sguardo dal libro, fissa la parete e, di nuovo, rimessosi a leggere un po', ripetendo la fine delle parole, si affatica inutilmente, conta i fogli, calcola i quaternioni, disprezza le lettere e gli ornamenti e infine, piegato il libro, lo pone sotto la testa e cade in un sonno non molto profondo, e infatti, di l� a poco, la fame gli risveglia l'anima con le sue preoccupazioni. Il monaco acedioso È pigro alla preghiera e di certo non pronuncerà mai le parole dell'orazione (2); come infatti l'ammalato non riesce a sollevare un peso eccessivo così� anche l'acedioso di sicuro non si occuperà con diligenza dei doveri verso Dio: all'uno infatti difetta la forza fisica, all'altro viene meno il vigore dell'anima. La pazienza, il far tutto con molta assiduità e il timor di Dio curano l'acedia. Disponi per te stesso una giusta misura in ogni attività e non desistere prima di averla conclusa, e prega assennatamente e con forza e lo spirito dell'acedia fuggirà da te (3).
Capitolo 15
La vanagloria
La vanagloria (1) È una passione irragionevole e facilmente s'intreccia con tutte le opere di virtù (2). Un disegno tracciato nell'acqua si confonde, come la fatica della virtù nell'anima vanagloriosa. Diviene candida la mano nascosta in seno e l'azione che rimane celata risplende di una luce più smagliante. L'edera s'avvinghia all'albero e, quando giunge in alto, ne dissecca la radice, così la vanagloria si origina dalle virtù e non si allontana finché non avrà reciso la loro forza. Il grappolo d'uva, buttato a terra, marcisce facilmente e la virtù, se si appoggia alla vanagloria, perisce. Il monaco vanaglorioso È un lavoratore senza salario: si impegna nel lavoro e non riceve alcuna paga (3); la borsa bucata non custodisce ciò che vi È riposto e la vanagloria distrugge i compensi delle virtù. La continenza del vanaglorioso È come il fumo del camino, entrambi si disperderanno nell'aria. Il vento cancella l'orma dell'uomo come l'elemosina del vanaglorioso. La pietra lanciata non raggiunge il cielo e la preghiera di chi desidera piacere agli uomini non salirà fino a Dio.
Capitolo 16
La vanagloria
È uno scoglio sommerso: se vi urti contro rischi di perdere il carico (1). Nasconde il suo tesoro l'uomo prudente quanto il saggio monaco le fatiche della sua virtù. La vanagloria consiglia di pregare nelle piazze, colui che invece vi si oppone prega nella sua stanzetta (2). L'uomo poco assennato rende nota la propria ricchezza e spinge molti a tendergli insidie (3). Nascondi invece le tue cose: durante il cammino ti imbatterai in lestofanti finché non arriverai alla città della pace e potrai usare i tuoi beni tranquillamente. La virtù del vanaglorioso È un sacrificio consunto e non È certo offerto all'altare di Dio. L'acedia dissolve il vigore dell'anima, mentre la vanagloria fortifica la mente che dimentica Dio, rende robusto l'astenico e il vecchio più forte del giovane, solo finché sono molti i testimoni che assistono a tutto questo: allora saranno inutili il digiuno, la veglia e la preghiera, È infatti la pubblica approvazione che eccita lo zelo (4). NÉ metterai in vendita le tue fatiche per la fama, né rinuncerai alla gloria futura per essere acclamato. Infatti l'umana gloria si accampa in terra e sulla terra la sua fama si estingue, mentre la gloria della virtù rimane in eterno (5).