STROFE 20 e 21

 

o voi, agili uccelli,

leoni, cervi, daini saltatori,

monti, riviere, valli,

acque, aure, ardori,

e delle notti vigili timori:

 

Per le soavi lire

e il canto di sirene io vi scongiuro,

cessino le vostre ire,

non mi toccate il muro,

perché la sposa dorma più al sicuro.

 

SPIEGAZIONE

 

4 - In queste due strofe lo Sposo, Figlio di Dio, colloca l'anima sposa nel possesso della pace e della tranquillità, rendendo conforme la parte inferiore a quella superiore, purificandola da tutte le sue imperfezioni e riducendone a dovere le potenze e le forze naturali, acquietandone tutti gli altri appetiti. Tutto ciò è contenuto nelle due strofe citate, il cui senso è questo:

in primo luogo lo Sposo prega le inutili distrazioni della fantasia e della immaginativa di cessare; mette un freno alle due potenze naturali, quella irascibile e quella concupiscibile, che prima affliggevano alquanto l'anima. Riduce poi alla perfezione dei loro oggetti, per quanto è possibile in terra, le tre potenze: memoria, intelletto e volontà e inoltre comanda, scongiurandole, alle quattro passioni dell'anima gaudio speranza dolore e timore, di starsene ormai calme e sottomesse alla ragione. Tutto ciò viene indicato dai nomi che si trovano nella prima strofa. Lo Sposo fa in modo che cessino tutte le loro azioni e tutti i loro movimenti molesti per mezzo della grande soavità, diletto e forza che l'anima possiede nel dono di se stesso che Dio le fa in questo stato. In esso, poiché Dio trasforma vivamente in sé l'anima, tutte le potenze, tutti gli appetiti e tutti i movimenti perdono la loro imperfezione naturale e si mutano in divini.

Perciò dice:

 

O voi, agili uccelli.

 

5 - Dà il nome di agili uccelli alle divagazioni dell'immaginativa, le quali sono agili e svelte nel volare da ogni parte. Quando la volontà gode in quiete la comunicazione gustosa dell'Amato, esse in generale cercano di recarle disgusto e di annientargliene il diletto con i loro voli leggeri. Perciò lo Sposo le scongiura per le soavi lire a cessare i loro voli inquieti, i loro impeti e i loro eccessi, giacché ormai la soavità e la gioia dell'anima sono così copiose, frequenti e forti che esse non gliele potranno impedire, come facevano prima che essa fosse giunta a tale stato.

Ciò vale anche per le altre parti che devono essere spiegate.

 

Leoni, cervi, daini saltatori.

 

6 - Per leoni si intendono gli assalti impetuosi della potenza irascibile, la quale è ardita e animosa come i leoni.

Per cervi e daini saltatori si intende l'altra potenza dell'anima, cioè la concupiscibile e facoltà di appetire, che rende codardi e temerari. Subisce l'effetto della codardia quando essa trova le cose non convenienti a sé, poiché allora si ritira, si avvilisce e si scoraggia. Per tale effetto questa potenza viene paragonata ai cervi i quali, possedendo una facoltà concupiscibile più intensa di molti altri animali sono molto codardi e timidi. Subisce invece gli effetti di temerità allorché ella incontra ciò che le conviene: in tal caso non teme né si scoraggia, ma diventa ardita, desiderandolo e accettandolo con il desiderio e con l'affetto. Per questo effetto di temerità è comparata ai daini, i quali sono dotati di tanta concupiscenza verso quanto appetiscono che vi si dirigono non solo correndo, ma addirittura saltando. Perciò qui lo Sposo li dice saltatori.

 

7 - Scongiurando quindi i leoni egli pone un freno agli impeti eccessivi dell'ira, supplicando i cervi fortifica la concupiscenza nella codardia e pusillanimità da cui era prima avvilita, scongiurando i daini saltatori soddisfa e calma i desideri e gli appetiti i quali prima si muovevano inquieti saltando da ogni parte come daini, per appagare la concupiscenza che è già soddisfatta per mezzo delle lire soavi, della cui delicatezza gode, e del canto delle sirene nel cui diletto si pasce.

C'è da notare che lo Sposo qui non scongiura l'ira e la concupiscenza, poiché queste due potenze non possono mancare nell'anima, ma i loro atti molesti e disordinati significati dai leoni, dai cervi e dai daini saltatori che in tale stato devono necessariamente sparire.

 

Monti, riviere, valli.

 

8 - Da queste tre parole sono indicati gli atti viziosi e disordinati delle tre potenze dell'anima, memoria, intelletto e volontà. Sono disordinati e viziosi quando sono o eccessivamente intensi o eccessivamente deboli e rimessi, o, pur non giungendo al massimo, quando declinano verso l'uno dei due estremi.

E così i monti, che sono molto alti, significano gli atti imperfetti per eccesso; le valli, che sono molto basse, simboleggiano quelli imperfetti per difetto; dalle riviere, le quali non sono né troppo alte né troppo basse, e, perché non sono piane, partecipano un po' dell'uno e dell'altro estremo, sono simboleggiati gli atti delle potenze quando oltrepassano o non raggiungono in qualche cosa il giusto mezzo. Questi ultimi, anche se non sono disordinati del tutto, come sarebbero se raggiungessero il peccato mortale, lo sono tuttavia in parte costituendo ora peccato veniale, ora imperfezione per quanto minima nell'intelletto nella memoria e nella volontà.

Lo Sposo prega vivamente questi atti che eccedono il giusto mezzo di cessare la loro attività, invitandoli per le lire soavi e per il canto delle sirene, le quali cose mantengono le tre potenze dell'anima tanto bene sul punto del loro effetto da essere impiegate nella giusta opera che loro appartiene, cosicché non solo non toccano l'estremo ma non vi partecipano affatto.

Seguono gli altri versi:

 

acque, aure, ardori,

e delle notti vigili timori.

 

9 - Anche questi quattro termini indicano gli affetti delle quattro passioni che, come è stato detto, sono il dolore, la speranza, il gaudio e il timore.

Per acque si intendono le affezioni del dolore che affliggono l'anima poiché esse, come acque, penetrano in lei. David. parlandone a Dio dice: Salvum me fac, Deus, quoomam intraverunt aquae usque ad animam meam (Sal. 68, 2). Salvami, o Dio mio, poiché le acque sono penetrate fino all'anima mia.

Per aure si intendono le affezioni della speranza, poiché come aure esse volano a desiderare ciò che è assente e che si spera. Perciò David dice ancora:Os meum aperui et attraxi spiritum, quia mandata tua desiderabam (Sal. n8, 131). Ho aperto la bocca della mia speranza, ho attratto l'aura del mio desiderio poiché speravo e desideravo i tuoi comandamenti.

Per ardori si intendono le affezioni della passione del gaudio le quali, come il fuoco, infiammano il cuore. Lo stesso David dice: Concaluit cor meum intra me et in meditatione mea exardescet ignis (Sal. 38, 4), che vuol dire: Il mio cuore si è riscaldato dentro di me e nella mia meditazione si accenderà il fuoco, cioè nella mia meditazione si accenderà il gaudio.

Per delle notti vigili timori si intendono le affezioni dell'altra passione, cioè del timore, le quali ordinariamente sono molto grandi negli spirituali non ancora giunti allo stato del matrimonio spirituale.

Tali timori vengono loro ora da parte di Dio il quale, allorché vuol concedere loro qualche grazia, è solito incutere nel loro spirito timore e paura, avvilimento nella carne e nei sensi, poiché costoro non hanno la natura fortificata, perfezionata e abituata a quelle grazie di Dio; ora da .parte del demonio il quale, nel tempo in ~ il Signore dona all'anima raccoglimento e soave gusto di sé, invidiando grandemente quel bene e quella pace, procura di far nascere nello spirito orrore e timore, onde impedire il bene e. spesso quasi minacciandolo nell'intimo. Quando si accorge di non poter giungere nell'intimo dell'anima, perché è molto raccolta e unita con Dio, cerca almeno di distrarla o di generare in lei angustie, dolori e orrore nel senso, nella parte esteriore, tentando in tal modo di inquietare la sposa nel suo talamo. Tutte queste cose vengono chiamate delle notti vigili timori poiché appartengono al demonio il quale, mediante queste, cerca di diffondere le tenebre nell'anima onde oscurare la luce divina di cui ella gode. Dice vigili questi timori, poiché da sé svegliano l'anima ma dal suo dolce sonno interiore ed anche perché i demoni, da cui sono generati, vegliano sempre per far sorgere questi timori i quali, come è stato detto, nascono nello spinte delle persone spirituali o da parte di Dio o del diavolo Non parlo qui di altri timori temporali o n~turali poiché è proprio delle persone spirituali non averli, mentre sono soggette a quelli spirituali di cui si è parlato.

 

10 - L'Amato dunque scongiura queste quattro specie di passioni dell'anima che cessino e rimangano quiete in quanto che in tale stato Egli dà alla sposa. beni, forza e soddisfazione per mezzo delle amene lire di soavità e del canto di sirene del suo piacere, affinché quelle affezioni non solo non regnino in lei, ma non le possano neppure arrecare alcun disgusto.

La grande stabilità dell'anima in questo stato è tanta che se prima giungevano fino a lei le acque del dolore di qualche cosa, e anche dei peccati suoi o altrui, che è quanto gli spirituali sogliono sentire di più, ora, quantunque li ritenga per quel che sono, non le arrecano dolore né afflizione. Ella non ha neppure la compassione, cioè la pena propria di quella virtù, sebbene ne possegga le opere e la perfezione. Infatti ora le manca ciò che di fiacco c'è nelle virtù, e le rimane invece quanto c'è di forte, di costante e di perfetto. In questa trasformazione di amore succede all'anima quanto accade agli Angeli i quali stimano perfettamente le cose dolorose senza sentirne dolore, esercitano le opere di misericordia e di compassione senza provare compassione. Però il Signore qualche volta la dispensa da questa immunità del dolore facendola soffrire e permettendo che patisca qualcosa onde acquisti meriti maggiori e si accenda di più nell'amore o per qualche altro motivo, come accadde con la Vergine Maria e con S. Paolo e altri, ma lo stato presente di per sé non lo comporta.

 

11 - L'anima non si affligge neppure a causa delle aspirazioni della speranza, essendo ormai soddisfatta, per quanto è possibile in vita, nell'unione con Dio. Non ha niente da sperare circa il mondo, né da desiderare circa ciò che è spirituale, poiché si vede e si sente piena delle ricchezze di Dio. Perciò sia nella vita che nella morte si conforma perfettamente alla volontà del Signore dicendo secondo la parte sensitiva e spirituale: Fiat voluntas tua (Mt. 6, 10), senza l'impeto di qualche altra voglia o appetito; il desiderio quindi che ha di vederlo è privo di pena.

Anche riguardo alle affezioni del gaudio, che nell'anima erano solite essere più o meno veementi, ella ora non sente più diminuzione nessuna né si meraviglia dell'abbondanza. Infatti è tanta la copia di cui ella ordinariamente gode da potersi paragonare al mare il quale né diminuisce per i fiumi che ne escono né cresce per quelli che vi entrano. È questa l'anima in cui c'è una fonte la cui acqua, come dice Gesù in S. Giovanni (4, 14), zampilla fino alla vita eterna.

 

12 - Ma poiché ho detto che tale anima non riceve niente di nuovo in questo stato di trasformazione, potrebbe sembrare che le vengano tolti i gaudi accidentali, che non mancano neppure ai beati. È bene invece sapere che essa non rimane priva dei gaudi e delle soavità suddette, anzi in generale ne ha moltissimi, tuttavia non si verifica in lei nessun accrescimento della comunicazione sostanziale dello spirito, possedendo già tutto ciò che le. si potrebbe aggiungere di nuovo; possiede quindi molto di più di tutto ciò che le potrebbe capitare di nuovo.

Perciò, ogni volta che le si offrono godimenti e gioie sia esterne che interne e spirituali, l'anima si rivolge immediatamente a godere le ricchezze che già possiede, rimanendo più contenta e felice di esse che di tutto ciò che di nuovo le viene concesso. Si può dire che ella in qualche modo ha la proprietà di Dio il quale, anche se prova diletto in ogni cosa, in nessuna di esse ne prova quanto in se stesso, poiché possiede in sé un bene eminente superiore ad ogni altro. Pertanto ogni piacere e gusto nuovo che l'anima può trovare, le serve di stimolo a compiacersi piuttosto in quello che ella ha e sente in sé, che in tutte quelle novità, poiché quanto possiede è superiore a tutto il resto.

 

13 - È un fatto naturale che quando una cosa dà gusto e contento all'anima, se questa ne ha un'altra più stimata e di maggior gusto, subito se ne ricorda e vi ripone il suo gusto. L'accidentale e il nuovo di queste novità è quindi cosi esiguo che, paragonato al sostanziale posseduto dall'anima, può dirsi un niente perché essa, arrivata al compimento della trasformazione in cui è perfettamente cresciuta, non cresce più per mezzo delle cose nuove spirituali come le altre anime che non sono giunte a questo punto. Fa meraviglia pero il costatare come senza ricevere nessun nuovo diletto, all'anima sembra di riceverne sempre del nuovo e di averne sempre avuti. E ciò accade perché, essendo p s.uo bene se~p;e nuovo, lo gusta sempre di nuovo e quindi le pare di ricevere sempre qualcosa di nuovo senza aver bisogno di riceverlo.

 

14 - Se però volessi parlare dell'illuminazione gloriosa in cui Dio talvolta avvolge l'anima in questo ordinario abbraccio, che è una certa conversione spirituale verso di lei, nella quale le fa vedere e godere tutto insieme l'abisso di diletti e di ricchezze che vi ha posto, non potrei trovare parole che lo spiegassero un poco. Infatti come il sole quando investe in pieno il mare, ne illumina persino i seni e le caverne più profonde, facendo apparire le perle e le vene ricchissime di oro e di altri minerali preziosi, cosi il sole divino dello Sposo, volgendosi alla sposa ne mette in luce le ricchezze in maniera tale che anche' gli Angeli se ne meravigliano ed escono In questa espressione: Chi è colei che procede come l'aurora nascente, bella come la luna, eletta come il sole, terribile come le schiere di un esercito ordinato a battaglia? (Cant, 6, 9). Per questa illuminazione, anche se è tanto eccellente, niente si accresce nell'anima, la quale invece viene soltanto illuminata perché goda di ciò che possedeva già in passato.

 

15 - Infine, neppure i vigili timori della notte raggiungono l'anima, essendo essa ormai cosi luminosa e forte e riposando cosi stabile in Dio che i demoni non la possono oscurare con le loro tenebre, né la possono intimorire con le loro minacce, né svegliare con i loro impeti.

E così ormai da nessuna cosa ella può essere raggiunta e molestata poiché, uscita fuori da tutte, è entrata in Dio dove gode ogni pace, gusta ogni soavità, prova piacere in ogni diletto, secondo che lo permette la condizione e lo stato di questa vita. In questo senso va inteso quanto dice il Savio

nei Proverbi (15, 15): L'anima pacifica e tranquilla è come un continuo convito. Come in un convito vi sono tutti i cibi saporiti e ogni musica soave, così l'anima in questo convito che tiene sul petto dell'Amato, gode di ogni diletto e gusta di ogni soavità.

È così poco quanto è stato detto e quanto si può esprimere a parole di di'l che si verifica nell'intimo dell'anima giunta a questo stato felice, che sempre si dirà meno della realtà. Infatti se l'anima riesce a conquistare la pace di Dio che, come dice la Chiesa, trascende ogni senso, l ogni senso resterà muto ed incapace di parlarne.

Seguono i versi della strofa seconda:

 

Per le soavi lire

e il canto di sirene, io vi scongiuro.

 

16 - Ho già detto che le soavi lire significano la soavità che lo Sposo comunica di sé all'anima in questo stato, per cui fa cessare in lei tutte le molestie. Come il suono delle lire le riempie l'animo di soavità e di dolcezza e lo imbeve e sospende in maniera tale da tener!o lontano da pene e disgusti, così questa soavità assorbe l'anima così tanto da non poter essere raggiunta da nessuna pena. È come se dicesse: per la soavità che io spargo nell'anima, cessi in lei tutto ciò che non è soave.

È stato detto come anche il canto delle sirene simboleggia il diletto ordinario che l'anima possiede. Lo chiama così poiché, come il canto delle sirene, a quanto si dice, è tanto dolce e dilettevole che innamora e rapisce chi lo ode in maniera tale da fargli dimenticare, come estatico, tutte le cose, così il diletto di questa unione assorbe l'anima e la rallegra tanto da renderla quasi insensibile ad ogni molestia e turbamento delle cose, a cui si allude nel verso:

 

cessino le vostre ire.

 

17 - Dà l'appellativo di ire ai turbamenti e alle molestie degli affetti e delle azioni disordinate di cui abbiamo parlato. Come l'ira è un certo impeto che turba la pace; oltrepassandone i limiti, così tutti questi affetti con i loro movimenti trascendono il limite della pace e della serenità dell'anima, rendendola inquieta quando la toccano.

Perciò dice:

 

non mi toccate il muro.

 

18 - Per muro si intende il recinto della pace delle virtù e la barriera delle virtù e delle perfezioni di cui l'anima è circondata e difesa, ed ella è il giardino di cui si è già parlato, dove l'Amato si pasce tra i fiori, giardino che è chiuso e custodito solo per Lui. Perciò Egli nel Cantico la chiama: orto recintato dicendo: La mia sorella è un orto recintato (4, 12). E così ora dice che nessuno osi toccare neppure il muro di cinta di questo giardino:

 

perché la sposa dorma più al sicuro,

 

19 - vale a dire: affinché ella più a suo piacere si diletti della quiete e della soavità di cui gode nell'Amato. È bene ricordare che ormai per l'anima non vi è alcuna porta chiusa; è in suo potere di godere quanto e quando vuole di questo sonno di amore, secondo quanto fa comprendere lo Sposo dei Cantici: Vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per i caprioli e i cervi dei campi, di non destare la mia diletta finché ella non voglia (3, 5).

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

1 - Era così vivo il desiderio che lo Sposo aveva di liberare e di redimere perfettamente la sua sposa dalle mani della sensualità e del demonio che, avendolo ormai fatto, si rallegra come il buon Pastore il quale, dopo avere errato a lungo, ritrova la pecorella smarrita e se la pone sulle spalle (Lc. 15, 5), o come la donna che, perduta la dramma accende la lucerna e mette sottosopra tutta la casa per cercarla e infine, trovatala, la stringe in mano e .chiama le amiche e le vicine invitandole a rallegrarsi con lei: rallegratevi meco, ecc. (Ibid., 9). Desta veramente meraviglia vedere il piacere e la gioia che prova l'amoroso Pastore e Sposo dell'anima nel vedersela ormai così ritrovata e perfetta posta sui suoi omeri e tenuta con le sue mani in questa desiderata unione.

Non è Lui solo a provarne piacere, perché vuole che vi partecipino anche gli Angeli e le anime sante, dicendo loro come nel Cantico: Uscite fuori, o figlie di Sion, e mirate Salomone adorno della corona regalatagli da sua madre il giorno delle sue nozze, il giorno della gioia del suo cuore (3, Il). In questo testo Egli chiama l'anima sua sposa,. sua corona e gioia del suo cuore, portandola sulle braccia e procedendo con lei come uno sposo dal suo talamo (Sal. 18, 6). Tutto ciò esprime nella strofa seguente.

 

STROFA 22

 

Entrata ormai è la sposa

nel già desiato giardinetto ameno,

a suo piacer riposa,

il collo reclinato

sopra le dolci braccia dell'Amato.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - L'anima ha già posto ogni diligenza per cacciare le volpi, allontanare la tramontana e per far riposare le ninfe, inconvenienti che impedivano il gaudio perfetto del matrimonio spirituale. Nelle strofe precedenti ha inoltre invocato ottenendola l'aura dello Spirito Santo, disposizione appropriata e strumento ottimo per la perfezione di tale stato. Di esso rimane ora da trattare, cosa che viene fatta in questa strofa dove lo Sposo parla chiamando l'anima sua sposa e dicendo due cose: in primo luogo afferma che, dopo avere riportato vittoria, è giunta al felice stato del matrimonio spirituale tanto desiderato da Lui e da lei; in secondo luogo enumera le proprietà di cui l'anima gode in esso, come sono quelle di ,riposare a suo piacere e di tenere il collo reclinato sulle dolci braccia dell'Amato, secondo quanto ora diremo.

 

Entrata ormai è la sposa.

 

3 - Per spiegare più chiaramente l'ordine di queste strofe e per fare intendere la via per cui generalmente l'anima passa fino a che non giunge al matrimonio spirituale, che è lo stato più sublime di cui con l'aiuto di Dio ora si deve parlare, c'è da notare che prima ella si è esercitata nei travagli e nelle amarezze della mortificazione e nella meditazione su cose spirituali di cui ha trattato fin dalla prima strofa a quella che inizia: Mille grazie spargendo; poi è entrata nella vita contemplativa passando attraverso le pene e le strettezze dell'amore, delle quali è andata cantando nelle strofe seguenti fino a quella che dice: Allontanali, Amato, in cui è avvenuto il fidanzamento spirituale.

Da questo momento ella si incammina per la via unitiva in cui riceve grandi e numerose comunicazioni, molte visite, doni e gioielli dello Sposo, come una fidanzata, a mano a mano si perfeziona nell'amore verso di Lui, come ci ha narrato cominciando dalla strofa: Allontanali, Amato, in cui è avvenuto il fidanzamento spirituale, fino alla presente che incomincia: Entrata ormai è la sposa, dove ancora resta da fare il matrimonio spirituale fra l'anima e il Figlio di Dio, suo Sposo, il quale matrimonio è molto più dello sposalizio, poiché è una trasformazione totale nello Amato. In esso l'una parte si dà all'altra in possesso totale con una certa consumazione di unione amorosa in cui, per quanto è possibile in questa vita, l'anima viene resa divina e . Dio per partecipazione. Per questo io credo che tale stato non si verifichi mai senza che l'anima sia confermata in grazia perché si ratifica la fede dell'una e dell'altra parte, confermandosi quella di Dio nell'anima, quindi questo è il più alto grado a cui si può giungere in terra. Infatti come nella consumazione del matrimonio naturale, come dice la Sacra Scrittura (Gen. 2, 24), sono due in una sola carne, così anche nella consumazione di questo matrimonio spirituale fra Dio e l'anima, sono due nature nell'unico spirito e amore, 'come dice S. Paolo riferendo la stessa similitudine: Chi si unisce con il Signore, si fa un solo spirito con Lui (1 Coro 6, 17). Accade come quando la luce di una stella o di una candela si congiunge con quella del sole: è questa non quella che risplende, assorbendo in sé le altre luci.

 

4 - Di questo stato parla lo Sposo nel verso presente, dicendo: Entrata ormai è la sposa, uscendo cioè da tutto quel che è temporale e naturale, da tutte le affezioni, le maniere spirituali, messe da parte e dimenticate tutte le tentazioni, tutti i turbamenti, tutte le pene, le sollecitudini ,e le preoccupazioni, trasformata da questo sublime abbraccio. Perciò prosegue il verso:

 

nel già desiato giardinetto ameno.

 

5 - Come se dicesse: Si è trasformata nel suo Dio, che qui chiama giardinetto per il dolce e soave riposo che l'anima vi trova.

Non si giunge a questo giardino di piena trasformazione, il quale è ormai gioia, diletto e gloria del matrimonio spirituale, senza passare prima per il fidanzamento spirituale e per l'amore leale, vicendevole e proprio dei fidanzati. Infatti, dopo essere stata per un poco fidanzata con il Figlio di Dio con amore intero e soave, l'anima dal Signore viene fatta entrare in questo giardino fiorito per consumare con Lui lo stato felicissimo del matrimonio, nel quale si opera un'unione delle due nature e una comunicazione di quella divina e quella umana tale che, pur conservando ciascuno il proprio essere, ognuna sembra Dio. Se in questa vita ciò non può accadere in maniera perfetta, tuttavia accade in un modo che trascende quanto si può dire o pensare.

 

6 - Fa ben capire la cosa lo Sposo nel Cantico (5, I) dove invita l'anima già fidanzata a questo stato: Veni in hortum meum, soror mea sponsa, messui myrrham meam cum aromatibus meis, che vuol dire: Vieni ed entra nel mio orto, sorella e promessa mia, ché già ho raccolto la mi, mirra e le mie erbe odorose. Il Signore la chiama sorella e sposa perché lo era già nell'amore e nella donazione che gli aveva fatto di sé prima di essere invitata allo stato del matrimonio spirituale, dove Egli, come afferma, ha già raccolto la e mirra profumata e le spezie aromatiche» che sono i frutti 'dei fiori già maturi e apparecchiati per l'anima. Questi frutti sono i diletti e le grandezze che di sé, cioè in se stesso, le comunica Dio in questo stato, e perciò Egli è per lei un giardino ameno e desiderato.

Infatti ogni desiderio o fine sia dell'anima che di Dio in tutte le opere di lei è la consumazione e la perfezione di questo stato, per. cui essa non si concede riposo finché non la raggiunga. Vi trova una maggiore abbondanza e pienezza di Dio, una pace più sicura e più stabile e una 5088vità più perfetta di quella del fidanzamento spirituale, poiché ormai è adagiata sulle braccia di un tale Sposo, al quale si sente sempre stretta in un vero abbraccio spirituale per mezzo di cui ella vive la vita di Dio. A quest'anima si attribuisce quanto S. Paolo scrive: Non vivo più io, ma è Cristo che vive in me (Gal. 2, 20).

Vivendo dunque l'anima una vita tanto felice e beata, come è quella di Dio, immagini chi può, quale sarà quella sua vita nella quale, come Dio ella non può sentire alcun disgusto, ma prova e gode un diletto e una gloria divina nella sua sostanza già trasformata in Lui.

Quindi continua:

 

a suo piacer riposa, il collo reclinato.

 

7 - Il collo significa qui la fortezza dell'anima mediante la quale avviene l'unione tra lei e lo Sposo, poiché ella non potrebbe sopportare un amplesso tanto stretto, se non fosse già molto forte. Giacché ella ha faticato per questa fortezza, compiendo atti di virtù e vincendo i vizi, è giusto che riposi in quello che operò e vinse, il collo reclinato

 

sopra le dolci braccia dell'Amato.

 

8 - Reclinare il collo sulle braccia di Dio vuol dire avere ormai unita la propria forza, o meglio la propria debolezza, alla forza di Dio, poiché le braccia di Dio ne simboleggiano la forza; reclinata e trasformata in essa, la nostra fiacchezza acquista la forza di Dio stesso.

Molto bene quindi lo stato del matrimonio spirituale viene significato da questo reclinare il collo sopra le dolci braccia dell'Amato: Dio è ormai la forza e la dolcezza dell'anima per cui ella è protetta e difesa da ogni male e gode la soavità di tutti i beni.

Perciò la sposa dei Cantici, desiderando tale stato, dice allo Sposo: Chi mi darà, fratello mio, che tu sugga il petto di mia madre, di modo che io ti trovi fuori solo, e ti baci, e più nessuno mi disprezzi? (8, I). Chiamandolo « fratello» ella fa intendere l'uguaglianza fra i due esistente nel fidanzamento di amore prima di arrivare allo stato presente. Dicendo: “Che tu sugga il petto di mia madre” vuol dire: che tu inaridisca ed estingua in me gli appetiti e le passioni, che sono il petto e il latte della madre Eva nella nostra carne, i quali costituiscono un impedimento a tale stato. Poi, dopo aver fatto ciò, soggiunge: « io ti trovi solo, fuori» cioè fuori di ogni cosa e da me stessa nella solitudine e nudità di spirito che otterrò, dopo avere inaridito gli appetiti suddetti. « E là da solo a sola ti baci », vale a dire, la mia natura ormai sola e spoglia da ogni impurità temporale, naturale e spirituale, si unisca con te solo, con la tua sola natura, senza altro mezzo, cosa che avviene soltanto nel matrimonio spirituale, che è il bacio dell'anima a Dio, dove questa non è disprezzata nè contraddetta da nessuno. Infatti in tale stato ella non è molestata né dal demonio, né dalla carne, né dal mondo, né dagli appetiti, perché si compie ora quanto si dice nel Cantico (2, II-I2): Ormai l'inverno è passato, la pioggia se n'è andata e i fiori sono spuntati nella nostra terra.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Nell'alto stato del matrimonio spirituale, con grande facilità e frequenza lo Sposo, come fedele consorte, manifesta all'anima i suoi segreti meravigliosi e la mette a parte delle sue opere poiché l'amore vero e perfetto non sa tenere celato niente alla persona amata. Specialmente le svela i dolci misteri della sua Incarnazione e le vie della umana Redenzione, che è fra le più sublimi opere di Dio e quindi più gustose per l'anima. Per questo, anche se gliene comunica molti altri, nella strofa presente lo Sposo le ricorda solo quello dell'Incarnazione, come il più importante di tutti e parlando con lei dice:

 

STROFA 23

 

Di un melo sotto i rami

quivi da me tu fosti disposata,

là ti porsi la mano,

e fosti risanata

colà dove tua madre fu violata.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - In questa strofa lo Sposo espone all'anima la maniera e l'ordine mirabile seguito da Lui per redimerla e sposarla, servendosi di quelli stessi mezzi con cui la natura umana fu, perduta e corrotta. Afferma che, come nel paradiso terrestre essa fu corrotta e perduta da Adamo per mezzo dell'albero proibito, così è stata redenta e riparata per mezzo dell'albero della Croce. Qui Egli le ha dato la mano del suo favore e della sua misericordia mediante la sua passione e morte, eliminando l'inimicizia che dal peccato originale vi era tra l'uomo e Dio.

 

Di un melo sotto i rami,

 

3 - cioè sotto la protezione dell'albero della Croce, simboleggiato dal melo per cui il Figlio di Dio ha redento la natura umana, sposandosi quindi con essa e in conseguenza con ogni anima alla quale nella Croce Egli dà grazia e pegni per tale scopo.

Le dice così:

 

quivi da me tu fosti disposata,

là ti porsi la mano,

 

4 - vale a dire, del mio favore e del mio aiuto, dal tuo misero e vile stato elevandoti alla mia compagnia e al mio sposalizio.

 

E fosti risanata

colà dove tua madre fu violata.

 

5 - Poiché tua madre, la natura umana, fu violata nei 'tuoi progenitori sotto l'albero, anche tu sei stata redenta sotto l'albero della Croce in maniera che, se tua madre fu causa della tua morte sotto l'albero, sotto l'albero della Croce io sono causa della tua vita. In tal modo il Signore rivela all'anima l'ordine e la disposizione della Sapienza facendole capire come Egli sappia saggiamente e bellamente far nascere il bene dal male e ordinare a maggiore bene ciò che invece è stato causa di male.

Quanto è contenuto in questa strofa viene descritto alla lettera dallo Sposo dei Cantici alla sposa: Sub arbore malo suscitavi te, ibi corrupta est mater tua, ibi violata est genitrix tua (8, 5). - Ti ho sollevato sotto un melo; qui fu corrotta tua madre, qui fu violata colei che ti generò.

 

6 - Lo sposalizio fatto sulla Croce non è quello di cui stiamo parlando, poiché quello è stato fatto una volta sola e in esso Dio ha donato all'anima la prima grazia, che viene concessa ad ognuno nel battesimo. Il presente invece avviene per via della perfezione e si verifica a poco a poco, secondo i suoi gradi. Anche se si tratta di una stessa cosa, la differenza fra i due consiste nel fatto che l'uno si compie in conformità al passo dell'anima, cioè a poco a poco, e l'altro in modo conforme al passo di Dio, cioè tutto in una volta.

In Ezechiele è Dio stesso che spiega all'anima la cosa in questa maniera: Il giorno che nascesti, fosti gettata a terra con disprezzo ma, passandoti vicino e vedendoti calpestata nel tuo sangue, ti dissi, mentre eri immersa nel tuo sangue: Vivi. E ti feci moltiplicare come l'erba del campo: ti moltiplicasti e ti facesti grande fino a raggiungere la grandezza di una donna: crebbe il tuo seno, si moltiplicarono i tuoi capelli, ma eri nuda e piena di confusione. Ti passai vicino e ti guardai e vidi che il tuo tempo era il tempo degli amanti: distesi sopra di te il mio mantello e nascosi la tua ignominia. Feci con te un patto e un giuramento e ti feci mia. Ti lavai con acqua, ti mondai dal sangue, ti unsi con olio, ti rivestii con veste variopinta, ti misi calzari di giacinto una cintura di bisso e ti avvolsi in un manto finissimo: Ti adornai riccamente e ti misi i braccialetti ai polsi e la collana al collo; posi un cerchietto sulla bocca, pendenti alle orecchie e un diadema sulla testa. E fosti ornata d'oro e d'argento e vestita di bisso e di seta multicolore. Ti cibasti di pane finissimo, di miele e di olio; sei diventata bellissima e arrivasti ad essere regina e il tuo nome, a motivo della tua bellezza, si divulgò fra le genti (Ez. 16, 5-14). Fin qui le parole di Ezechiele; così è l'anima di cui parliamo.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Ma dopo il mutuo dono della sposa e dell'Amato, bisogna parlare subito del loro letto, sul quale l'anima gode a suo agio le delizie dello Sposo. Perciò nella strofa che segue ella tratta del letto, che è divino, puro, casto, in cui ella giace pura, divina e casta. Tale letto non è altro che il suo Sposo, il Verbo Figlio di Dio, come si dirà, sul quale, per mezzo dell'unione di amore, ella riposa. L'anima dice fiorito questo letto, poiché il suo Sposo non. solo è fiorito ma, come dice Egli stesso nel Cantico (2, I), è lo stesso fiore del campo e il giglio delle convalli. Perciò ella si adagia non solo sul letto fiorito, ma sul fiore stesso, Cl~ il Figlio di Dio, il quale ha in sé odore, fragranza, grazia e bellezza divina, secondo quanto Egli stesso dice per mezze di David: La bellezza del campo è con me (Sal. 49, II). Perciò l'anima canta le proprietà e le grazie del suo letto dicendo:

 

STROFA 24

 

Fiorito è il nostro letto,

da tane di leoni circondato,

da porpora protetto,

in pace edificato,

da mille scudi d'oro incastonato.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - Nelle due strofe precedenti la sposa ha cantato le grazie e le grandezze dell'Amato, Figlio di Dio; in questa non solo prosegue, ma canta il felice e alto stato in cui si vede collocata, la sicurezza di cui gode, e la ricchezza di doni e virtù di cui si vede dotata e adornata nel talamo dello Sposo. Afferma di essere ormai perfetta nell'amore, di gustare una compiuta pace spirituale, di essere tutta arricchita e abbellita di doni e virtù, per quanto si possono possedere e gustare in vita, secondo quanto si spiegherà in seguito.

In primo luogo dunque l'anima canta il piacere che gode nell'unione con l'Amato:

 

Fiorito è il nostro letto.

 

3 - È stato detto già che letto dell'anima, fiorito per lei, è lo Sposo, Figlio di Dio. Infatti a lei che ormai è unita e appoggiata a Lui come sposa, viene comunicato il petto e l'amore dell'Amato, cioè la sapienza e i segreti, le grazie, le virtù e i doni divini. Per mezzo di essi ella diviene così bella, ricca e piena di diletto da sembrarle di trovarsi in un letto di vari e soavi fiori divini che con il loro tocco la dilettano e con il loro odore la ricreano. Ella quindi dà il nome di letto fiorito a questa unione di amore, nome usato anche nel Cantico dalla sposa quando dice allo Sposo: Lectulus noster floridus (I, 15), cioè: Fiorito è il nostro letto.

Lo chiama nostro perché le stesse virtù e lo stesso amore, cioè quelle dell'Amato, sono ormai di tutt'e due; ambedue provano lo stesso diletto, secondo quanto lo Spirito Santo dice nei Proverbi (8, 31): Le mie delizie sono con i figli degli uomini.

Lo dice anche fiorito perché in tale stato le virtù dell'anima sono ormai perfette ed eroiche, il che non poteva accadere prima che il letto fosse fiorito nell'unione perfetta con Dio. Perciò l'anima canta il secondo verso, dicendo:

 

da tane di leoni circondato.

 

4 - Per tane di leoni si intendono le virtù possedute dall'anima in questo stato di unione con Dio. La ragione di ciò è perché esse sono molto sicure e difese da tutti gli altri animali. Questi infatti, temendo la forza e l'ardire del leone che vi dimora, non solo non osano entrare, ma non ardiscono neppure avvicinarsi; così ciascuna delle virtù, se posseduta perfettamente dall'anima, è simile a una tana di leoni, in cui inabita Cristo suo Sposo, come forte leone, unito con l'anima per mezzo di questa e delle altre virtù. L'anima stessa, unita con Lui in questa medesima virtù, è forte come un leone, poiché lì partecipa alle proprietà dell'Amato.

In tal caso nel letto fiorito dell'unione divina, l'anima è tanto difesa e forte in ciascuna virtù e nel loro insieme, che il demonio non solo non ardisce assalirla, ma neppure comparirle davanti per il grande timore che ne ha, vedendola così ingrandita e ardimentosa con le virtù perfette nel letto dell'Amato. Poiché ella se ne sta unita con Dio in trasformazione di amore, il demonio la teme come Dio stesso e non osa nemmeno guardarla: il maligno teme molto una anima perfetta.

 

5 - Questo letto dell'anima è circondato dalle tane di queste virtù; poiché in questo stato esse sono collegate fra di loro, fortificate l'una con l'altra e unite in una completa perfezione dell'anima in maniera che non rimane in essa parte aperta né fiacca, non solo perché il demonio possa entrare, ma nemmeno perché alcuna cosa al mondo, né alta né bassa, la possa inquietare, molestare e muovere. Essendo ormai libera da ogni molestia delle passioni naturali, lontana e spoglia dalla tormenta e dalla mutabilità delle preoccupazioni temporali, ella gode sicura e quieta della partecipazione di Dio.

È quanto desidera la sposa dei Cantici con le parole: Chi mi darà, fratello mio, che tu sugga il petto di mia madre, in modo che io ti trovi fuori solo e ti baci, e nessuno più mi disprezzi? (8, I); il bacio di cui si parla è l'unione di cui sto trattando, nella quale l'anima diventa uguale a Dio per amore. Perciò ella desidera ciò domandando: « Chi le darà che l'Amato sia suo fratello? », il che significa e genera uguaglianza; «che possa suggere il petto della madre sua », vale a dire che consumi tutte le imperfezioni e gli appetiti della sua natura, avuti dalla madre Eva; e che «lo incontri fuori solo» cioè lo prega di poter si unire con Lui solo, lontana da tutte le cose, spogliata di esse secondo la volontà. Perciò «nessuno più la disprezzi », vale a dire né il mondo, né il demonio, né la carne poiché, essendo l'anima libera e purificata da tutte queste cose e unita con Dio, non può essere molestata da nessuna di esse. Per tale ragione, già in questo stato, ella gode di un'ordinaria soavità e tranquillità che non le vengono mai meno.

 

6 - Tuttavia, oltre a questa ordinaria soddisfazione e pace, i fiori di virtù dell'orto sono soliti aprirsi ed emanare u~ odore nell'anima in maniera tale da sembrare a questa di essere piena, come di fatto lo è, dei diletti di Dio.

Ho detto che i fiori di virtù che stanno nell'anima s~n~ soliti aprirsi poiché, quantunque ella sia piena di virtù perfette, non sempre però le gode in atto anche se come ho detto, ordinariamente gode della pace e tranquillità che causano. Possiamo dire che in questa vita nell'anima esse stiano come fiori in germoglio, chiusi nel giardino; ed è cosa meravigliosa vederli talvolta aprirsi tutti, per opera dello Spirito Santo, ed emanare una mirabile fragranza di vario genere.

A volte l'anima vede in sé i fiori delle montagne di cui è stato detto, cioè l'abbondanza, la grandezza, e la bellezza di Dio, e intrecciati con essi, i gigli de le valli ricche d'ombra, che servono di riposo, di refrigerio e di difesa. Vi sono poi sparse le rose odorose de le isole remote, cioè le notizie straordinarie di Dio ed è investita dall'odore dei gigli de le acque rumorose, cioè la grandezza divina che monda tutta l'anima. Vi è frammischiato il delicato odore di gelsomino del sibilo delle aure amorose di cui l'anima gode in questo stato. Insomma ella possiede tutte le altre virtù e tutti gli altri doni già descritti e cioè la conoscenza tranquilla, la musica silenziosa, la solitudine sonora e la cena che ristora e che innamora.

Essa gode e sente tutti insieme questi fiori in maniera tale da poter dire con verità: Fiorito è il nostro letto - da tane di leoni circondato. Fortunata colei che nella vita presente merita qualche volta di gustare il profumo di questi fiori divini!

Soggiunge che questo letto è

 

da porpora protetto.

 

7 - Per porpora, della quale i re si servono per rivestirsene, nella divina Scrittura si intende la carità. L'anima afferma che questo letto fiorito è da porpora protetto, poiché tutte le sue virtù, le sue ricchezze e i suoi beni si appoggiano, fioriscono e si godono soltanto nella carità e nell'amore del Re del cielo, senza il quale ella non potrebbe godere di questo letto e di questi fiori: e così tutte le virtù stanno nell'anima quasi distese nell'amore di Dio, come in un soggetto da cui sono ben conservate. Sono come immerse nell'amore, poiché tutte e ciascuna innamorano sempre di più l'anima e in tutte le cose e opere camminano con amore verso un amore maggiore.

Ciò vuol dire essere da porpora protetto, la quale cosa è espressa chiaramente nel Cantico, dove si dice che Salomone fece per sé un letto di legno del Libano, con le colonne di argento, il capezzale d'oro, i gradini coperti di porpora, tutto, come afferma, ordinato mediante la carità (Cant. 3, 9-10). Le virtù e le grazie poste da Dio nel letto dell'anima e simboleggiate nel legno del Libano e nelle colonne di argento, hanno le loro spalliere o capezzale di amore, cioè d'oro, poiché, come è stato già detto, sull'amore si fondano e si conservano le virtù. Sono ordinate fra loro e si esercitano per mezzo della carità di Dio e dell'anima.

Ella prosegue dicendo che questo letto è

 

in pace edificato.

 

8 - È la quarta proprietà di questo letto che per ordine dipende dalla terza spiegata or ora. Questa infatti crea la carità perfetta (dell'anima perfetta); la cui proprietà è quella -di espellere ogni timore, come dice S. Giovanni (I, Gv. 4, 18). Di qui nasce la perfetta pace dell'anima, cioè la quarta proprietà di questo letto.

Per maggiore intelligenza di ciò è necessario sapere che ogni virtù di per sé è pacifica, mansueta e forte e quindi nell'anima che ne è dotata produce i tre effetti seguenti: pace, mansuetudine e fortezza. Poiché questo letto è fiorito, adorno di fiori e di virtù, le quali sono pacifiche, mansuete e forti, ne segue che è in pace edificato e che l'anima è pacifica, mansueta e forte, qualità che la rendono immune dagli assalti del mondo, del demonio e della carne. Le virtù la mantengono così pacifica e sicura da sembrare a lei di essere tutta edificata di pace.

Afferma inoltre - ed è la quinta proprietà - che questo letto fiorito è anche

 

da mille scudi d'oro incastonato.

 

9 - Scudi sono qui le virtù e i doni dell'anima i quali, anche se sono i fiori di questo letto, le servono pure di premio e di corona perché li ha guadagnati, e come forti scudi di difesa contro i vizi, vinti per mezzo del loro esercizio. Perciò il letto della sposa è cosparso di fiori, è coronato dalle virtù date a lei in premio e protetto da esse, come da scudi.

E dice che sono d'oro per significare il valore grande delle virtù. È quanto espresse in altri termini la sposa nel Cantico (3, 7-8), dicendo: Ecco il letto di Salomone: sessanta prodi l'attorniano di tra i forti d'Israele, ognuno con la spada al fianco, per difesa dai timori notturni.

L'anima dice inoltre che quegli scudi sono mille per indicare la moltitudine delle virtù, delle grazie e dei doni ricevuti da Dio in questo stato. Infatti per significare l'immenso numero delle virtù della sposa, il Signore usa lo stesso termine dicendo: Il tuo collo è come la torre di David, che è edificata con baluardi, mille scudi sono appesi ad essa e tutte le armi dei forti (Cant. 4, 4)·

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - L'anima giunta a questo stato di perfezione, non si contenta di esaltare e glorificare le qualità del suo Amato, il Figlio di Dio, e di cantare e di ringraziarlo dei favori che da Lui riceve e delle delizie che in Lui gode, ma riferisce ed enumera anche quelle che Egli concede alle altre anime, poiché nella presente beata unione di amore ella conosce le grazie proprie e quelle degli altri. Perciò, lodando lo Sposo e ringraziandolo per le grazie che concede agli altri, ella canta:

 

STROFA 25

 

Dietro le tue vestigia

le giovani scorrazzano in cammino,

al tocco di scintille,

al rinforzato vino,

emissioni di balsamo divino.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - Nella strofa presente la sposa ringrazia l'Amato di tre favori che da Lui ricevono le anime devote e dai quali sono maggiormente incoraggiate ed elevate all'amore di Dio. Li ricorda ora perché li esperimenta bene nello stato presente.

La prima grazia consiste nella soavità di sé che Dio concede alle anime, la quale è tanto efficace che le fa camminare molto in fretta sulle vie della perfezione; la seconda, è una visita con cui le infiamma all'improvviso di amore; la terza è l'abbondanza di carità che infonde loro; per mezzo di essa le inebria in maniera tale che, sia per questa ebbrezza come per la visita amorosa, il loro spirito viene elevato ad innalzare a Dio lode e saporosi affetti di amore.

Dice dunque:

 

Dietro le tue vestigia.

 

3 - L'orma è un segno lasciato da chi l'ha impressa e sen-e per seguirne le tracce e cercarlo. La soavità e la conoscenza di sé, concesse dal Signore all'anima che lo cerca, è un segno e un'orma di cui ella si serve per conoscerlo e seguirlo. Perciò l'anima dice al Verbo, suo Sposo: Dietro le tue vestigia, cioè dietro le orme di soavità che tu imprimi e infondi e l'odore che emani

 

le giovani scorrazzano in cammino.

 

4 - Vale a dire: le anime devote con forza giovanile, ricevuta dalla soavità delle tue orme, scorrazzano, corrono cioè in questa o in quella parte, ora in un modo ora in un altro, questo è il significato di scorrazzare, ognuna nella parte, nella maniera e nello stato a cui è chiamata da Dio, con pratiche e opere spirituali molto diverse, per la via della vita eterna, che è la perfezione evangelica, per la quale si incontrano con l'Amato in unione di amore, dopo aver raggiunto la nudità di spirito in tutte le cose.

Tale soavità e orma di sé lasciata da Dio in lei, alleggerisce grandemente l'anima e la fa correre dietro di Lui. Ella allora fatica ben poco o niente da parte sua per camminare su questa strada, anzi è mossa e attratta dalle divine orme del Signore non solo perché vada, ma perché corra in molte maniere su questa via. Perciò nel Cantico la sposa chiede allo Sposo tale attrazione dicendo: Trahe me: post te curremus in odorem unguentorum tuorum, cioè:

Traimi dietro di te, e correremo all'odore dei tuoi aromi, e, ricevuto questo divino odore, soggiunge: In odorem unnguentorum tuorum currimus; adolescentulae dilexerunt te nimis (I, 3), cioè: Corriamo dietro il profumo dei tuoi unguenti, le giovani ti amarono molto. E David: Corsi nella via dei tuoi comandamenti, quando mi dilatasti il cuore (Sal. 118, 32).

 

Al tocco di scintille,

al rinforzato vino,

emissioni di balsamo divino.

 

5 - Nei primi due versi è stato spiegato come le anime scorrazzano dietro le orme dello Sposo con pratiche e opere esteriori; in questi tre ultimi viene messo in risalto l'esercizio fatto interiormente con la volontà da tali anime, spinte dalle altre due grazie e visite interiori che fa loro l'Amato alle quali ella dà ora il nome di tocco di scintille e di rinforzato vino. L'esercizio interiore della volontà che ne risulta e che è causato da queste due visite viene chiamato emissioni di balsamo divino.

Quanto al primo, cioè al tocco di scintille, c'è da sapere che si tratta di un tocco delicatissimo, che a volte l'Amato opera nell'anima, anche quando ella è più distratta, accendendole il cuore con tale fuoco amoroso da sembrarle che una scintilla di fuoco sia discesa su di lei e l'abbia infiammata. Allora con una velocità pari a quella di chi si sveglia, l'anima si sente infiammata ad amare, desiderare, lodare, ringraziare, riverire, stimare e pregare Dio con gusto di amore. A tutte queste cose ella dà il nome di emissioni di balsamo divino, corrispondenti al tocco di scintille, uscite dall'amore divino che con esse appiccò il fuoco, cioè il balsamo divino, il quale conforta e risana l'anima con il suo odore e con la sua sostanza.

6 - Di questo tocco divino dice la sposa nel Cantico: Dilectus meus misit manum suam per foramen et venter meus intremuit ad tactum eius (5, 4), che significa: Il mio Diletto passò la mano per lo spiraglio e il mio ventre tremò al suo tocco. Il tocco del Diletto è il tocco amoroso che Egli fa nell'anima; la «mano» è la grazia che ella riceve; lo «spiraglio» per cui questa mano penetra è il modo e il grado di perfezione dell'anima, poiché il tocco è maggiore o minore secondo questo grado, e in una maniera o in un'altra in conformità alla qualità spirituale dell'anima. Il « ventre », che tremò, è la volontà in cui avviene il tocco; il «tremare» è l'elevarsi a Dio dei suoi appetiti o affetti di desiderare, di amare, di lodare e di tutti gli altri di cui si è parlato, che costituiscono le emissioni di balsamo che emanano da tale tocco.

 

7 - Al rinforzato vino. Questo vino rinforzato è un'altra grazia molto più grande che talvolta Dio fa alle anime già progredite inebriandole nello Spirito Santo con un vino di amore soave, saporoso e forte, per il quale usa l'espressione di vino rinforzato. Infatti come tale vino viene fatto bollire con molte e diverse spezie odorose e forti, così l'amore che Dio dà a coloro i quali sono già perfetti e già bolliti, è posto nelle loro anime e rinvigorito con le virtù da esse acquistate. Rinforzato da queste spezie, questo vino infonde nell'anima tanta forza e copia di soave ebbrezza allorché Dio la visita, che con grande efficacia e forza la spinge ad innalzare a Dio quelle emissioni di lode, di amore e di riverenza, di cui stiamo parlando, congiunte a mirabili desideri di fare e di patire qualcosa per Lui.

 

8 - C'è da notare che questa grazia della ebbrezza soave non passa tanto presto come la scintilla, perché è più duratura, La scintilla tocca e passa, anche se a volte il suo effetto si prolunga un po' o molto, mentre il vino rinforzato e il suo effetto, il quale, come ho detto, è il soave amore nell'anima, sono soliti durare molto tempo, ora un giorno o due, ora molti giorni, sebbene non sempre nello stesso grado di intensità, poiché si affievoliscono o crescono indipendentemente dalla volontà dell'anima. Essa, senza far nulla, sente talvolta che nell'intimo della sua sostanza lo spirito va inebriandosi e infiammandosi di questo spirito divino secondo l'espressione di David: Il mio cuore dentro di me si è riscaldato e nella mia meditazione si accenderà un fuoco (Sal, 38, 4),

Le emissioni di questa ebbrezza di amore a volte durano quanto dura la loro fonte; alcune volte nell'anima vi è l'ebbrezza senza che vi siano le emanazioni le quali poi sono più o meno intense a seconda della maggiore o minore intensità della ebbrezza. Ma le emanazioni o effetti della scintilla ordinariamente durano più di essa, dalla quale anzi vengono lasciate nell'anima e ardono più di quelle dell'ebbrezza poiché qualche volta la scintilla divina fa si che l'anima bruci e si consumi in amore.

 

9 - Poiché si è parlato del vino bollente, sarà bene ora trattare della differenza che vi è fra il vino fermentato o vecchio, e quello nuovo, differenza uguale a quella che vi è fra i vecchi e i nuovi amanti, il che servirà per dare un po' di dottrina utile per gli spirituali.

Il vino nuovo non ha ancora smaltita la feccia e non ha posato e perciò bolle e trabocca; non è possibile conoscerne la bontà e la forza finché non abbia smaltito la feccia e non abbia smesso di bollire poiché, fino a quel momento, è sottoposto al rischio di corrompersi; ha il sapore aspro e grossolano, fa male a chi lo beve in quantità e la sua forza è tutta nella feccia.

Il vino vecchio invece l'ha già smaltita, ha già fatto la posata e quindi non bolle più all'esterno come quello nuovo. Ormai è possibile giudicare della sua bontà e non c'è più pericolo che vada a male, poiché è passata quella fermentazione e quella bollitura durante la quale poteva corrompersi. li vino che ha bollito ben difficilmente si corrompe e va a male; ha il sapore soave e la forza nella sostanza, non già nel gusto, per cui produce buon effetto e dà forza a chi ne beve.

 

10 - I nuovi amanti sono paragonati al vino nuovo.

Appartengono a questo gruppo coloro che incominciano a servire Dio, mostrano i fervori del vino dell'amore all'esterno nel senso, poiché ancora non hanno smaltita la feccia del senso fiacco e imperfetto. Hanno la forza dell'amore nel diletto del senso; poiché generalmente ricevono la forza per l'azione dal gusto sensibile da cui sono mossi; perciò non c'è da fidarsi di questo amore finché i fervori e i gusti grossolani del senso non vengano meno. Infatti questi fervori ardenti possono inclinare il senso all'amore buono e perfetto e servirgli di ottimo mezzo eliminando completamente la feccia della sua imperfezione; è anche facile però che a principio, quando il gusto è ancora nuovo, venga a mancare loro il vino dell'amore e che perdano il fervore e il sapore del vino nuovo, di cui devono bere moderatamente poiché, se operano secondo il bollore del vino corrompono la propria natura. Queste ansie e fatiche di amore sono simili al sapore del vino nuovo, il quale, come è stato detto, è aspro e grossolano perché non è stato ancora reso soave dalla ebollizione perfetta, in cui queste ansie vengono meno.

 

11 - Tale comparazione usa il Savio nell'Ecclesiastico dicendo: L'amico nuovo è come il vino nuovo: invecchierà e allora lo berrai con soavità (9, 15).

Pertanto gli amanti vecchi, cioè quelli già esercitati e provati nel servizio dello Sposo, sono come il vino vecchio il quale, perché il mosto ha già bollito, è privo dei fervori sensibili, delle ebollizioni e dei fuochi esterni di fervore. Essi gustano ormai la soavità del vino di amore nella sostanza, già fermentato e posato dentro l'anima e non nel sapore del senso come i nuovi, nella sostanza, nel sapore dello spirito e nella varietà delle opere. Essi non cercheranno questi sapori e fervori sensibili, neppure li vorranno gustare per non avere dispiaceri e fatiche, poiché chi si compiace del gusto del senso, in esso e nello spirito trova necessariamente pene e disgusti. Gli amanti vecchi, poiché non provano radicalmente nel senso le soavità, non sono più sottoposti ad ansie ed a pene di amore nel senso e nell'anima. Perciò essi molto difficilmente vengono meno a Dio, essendo ormai al di sopra di ciò che potrebbe essere causa di mancanza, cioè trascendono il senso inferiore e possiedono il vino di amore, non solo già bollito e purificato della feccia, ma anche rinforzato con le spezie delle virtù perfette le quali impediscono che esso si corrompa come quello nuovo. Perciò l'amico vecchio è grandemente stimato al cospetto di Dio, come dice l'Ecclesiastico (9, 14):

Non abbandonare l'amico vecchio, poiché il nuovo non sarà simile a lui.

Dunque in questo vino di amore dell'anima, già provato e rinforzato, l'Amato produce la divina ebbrezza di cui è stato parlato, la quale fa sì che l'anima mandi a Dio dolci emanazioni.

Perciò il senso dei tre versi e il seguente: Al tocco di scintille con cui tu svegli la mia anima e con il rinforzato vino per mezzo del quale amorosamente la inebri, ella invia a te le emissioni, cioè i movimenti e gli atti di amore che tu causi in lei.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

1 - Quale dunque sarà lo stato felice dell'anima in questo letto fiorito, dove avvengono tutte queste opere meravigliose e molte di più ancora, e nel quale ella ha per capezzale il Figlio di Dio, suo Sposo, e per coperta e tenda la carità e l'amore di Lui! Certamente ella può dire le parole della sposa: Pose la sua sinistra sotto il mio capo (Cant, 2, 6). In forza di ciò si potrà dire con verità che l'anima ora è vestita di Dio e immersa nella divinità, non superficialmente, ma nell'intimo del suo spirito perché, essendo ricolma di delizie divine e dissetata alle acque spirituali della vita, sperimenta quanto David afferma di quelli che sono congiunti così con il Signore: Saranno inebriati dall'abbondanza della tua casa, e darai loro a bere del torrente delle tue delizie, poiché vicino a te è la sorgente della vita (Sal. 35, 9-10).

Quale dunque sarà la sazietà dell'anima nel suo essere, poiché la bevanda che le viene porta non è meno di un torrente di delizie!

Tale torrente è lo Spirito poiché, come afferma S. Giovanni (Apoc. 22, I): Egli è il fiume risplendente di acqua viva che sgorga dal trono di Dio e dell'Agnello, le cui acque essendo un intimo amore di Dio, intimamente penetrano nell'anima dandole a bere dell'amoroso torrente che è come fu detto, lo Spirito del suo Sposo, infuso in lei ~ questa unione. Perciò con somma abbondanza di amore, ella canta la strofa seguente:

 

STROFA 26

 

Nell'intima cantina

io bevvi dell'Amato,

quindi uscita alla pianura bella

tutto dimenticai,

anche il gregge smarrii, prima seguito.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - In questa strofa l'anima narra la sublime grazia che Dio le ha fatto ricevendola nell'intimità del suo amore, che è l'unione o trasformazione di amore in Lui, e ne descrive due effetti, l'oblio e l'allontanamento da tutte le cose del mondo e la mortificazione di ogni suo appetito e gusto.

 

Nell'intima cantina.

 

3 - Per dire qualcosa intorno a questa cantina e spiegare ciò a cui ora allude l'anima, bisognerebbe che lo Spirito Santo prendesse la mano e guidasse la penna.

La cantina di cui parla l'anima è l'ultimo e più intimo grado di amore a cui ella può giungere in questa vita. Di qui il nome di intima cantina, cioè la più interna, da cui segue che ve ne siano altre meno intime, che sono i gradi di amore attraverso i quali si sale sino a quest'ultimo.

Possiamo ridurre a sette i gradi o cantine di amore posseduti dall'anima che ha i sette doni dello Spirito Santo perfettamente, secondo la sua capacità di riceverli. Perciò quando essa giunge a possedere perfettamente lo spirito di timore, 'possiede perfettamente anche lo spirito di amore perché quel timore, ultimo dei sette doni, è filiale e il timore perfetto del figlio nasce dall'amore perfetto del padre. Per tale ragione quando vuole chiamare uno perfetto in carità, la Sacra Scrittura lo dice timorato di Dio per cui Isaia, predicendo la perfezione del Cristo, dice: Replevit eum spiritus timoris Domini (II, 3), che vuol dire: Sarà riempito dello spirito del timore di Dio. Lo stesso San Luca del .santo Simeone afferma che era timorato: Erat vir justus et timoratus (2, 25) e così vien detto di molti altri.

 

4 - È bene sapere che molte anime riescono ad entrare nelle prime cantine, ciascuna in quella corrispondente alla perfezione di amore che ella possiede, poche invece in vita arrivano all'ultima e più interna in cui avviene l'unione perfetta con Dio alla quale vien dato il nome di matrimonio spirituale, del quale l'anima parla in questo luogo.

È del tutto impossibile dire ciò che Dio comunica all'anima in questa intima unione. Non se ne può dire niente, come niente si può dire che corrisponda pienamente a ciò che Dio è in sé, poiché è Lui stesso che si dà all'anima con ammirabile gloria di trasformazione di lei in Lui. Essi sono due persone in una sola, sebbene non essenzialmente e perfettamente come nell'altra vita, come un'unica cosa sono il cristallo e il raggio di sole, il carbone e il fuoco, la luce delle stelle e quella del sole.

E così per far comprendere quanto riceve dal Signore m questa unione, 1 anima non fa altro né, a mio parere, potrebbe fare altro e con maggiore proprietà che affermare nel verso seguente:

 

io bevvi dell'Amato.

 

5 - Come la bevanda si sparge per tutte le membra e le vene del corpo, così questa comunicazione di Dio sostanzialmente si diffonde in tutta l'anima o, per dire meglio, è piuttosto l'anima che si trasforma maggiormente in Dio, trasformazione secondo la quale, in conformità con la propria sostanza e con le proprie potenze spirituali, ella beve del suo Dio. Infatti secondo l'intelletto beve sapienza e scienza, secondo la volontà beve amore soavissimo, secondo la memoria beve gioia e diletto nel ricordo e nel sentimento di gloria.

Che l'anima riceva e beva sostanzialmente diletto, lo dice nel Cantico: Anima mea liquefacta est, ut Sponsus locutus est (5, 6) - L'anima mia si sciolse in delizie appena lo Sposo parlò. Lo Sposo parla quando si comunica all'anima.

6 - Che l'intelletto beva sapienza viene affermato dalla sposa nel medesimo libro (8, 2) dove si legge che, desiderando giungere a questo bacio di unione, lo chiede allo Sposo dicendo: lvi mi insegnerai, cioè sapienza e scienza amorosa, ed io ti darò una bevanda di vino condito, cioè ti darò il mio amore condito con il tuo, vale a dire, trasformato nel tuo.

 

7 - Riguardo alla volontà che beve amore, nello stesso libro la sposa lo afferma dicendo: Mi introdusse il re nella cantina e ordinò in me la carità (2, 4). È come se dicesse: mi fece bere amore, dopo avermici immersa o, parlando con maggior proprietà, ordinò in me la sua carità, accompagnandola e adattandola a me, il che significa che all'anima viene fatto bere dall'Amato quello stesso amore che Egli le infonde.

 

8 - Perciò riguardo a ciò che dicono alcuni affermando che la volontà ama solo ciò che prima è appreso dall'intelletto è necessario osservare che tale dettava inteso in senso naturale. Infatti, naturalmente parlando, è impossibile amare una cosa prima di averla conosciuta, ma soprannaturalmente Dio può benissimo infondere e aumentare amore, senza infondere e aumentare la conoscenza distinta, come è facile capire dal ,testo allegato.

Ciò viene sperimentato da molte persone spirituali che spesso si accorgono di ardere di amore di Dio, senza avere di Lui una conoscenza più distinta di prima; si può capire poco e amare molto, capire molto e amare poco. Anzi d'ordinario quegli spirituali che non hanno una conoscenza troppo profonda di Dio, sogliano progredire nella volontà; basta loro la fede infusa per mezzo della scienza dell'intelletto, mediante la quale il Signore infonde loro carità e gliene aumenta l'atto, cioè quello di amare, anche se, come è stato detto, non ne aumenta la conoscenza. Così la volontà può bere amore senza che l'intelletto acquisti nuove cognizioni, quantunque nel caso presente in cui l'anima dice di aver bevuto del suo Amato, trattandosi di unione nell'intima cantina, la quale unione si verifica secondo le tre potenze dell'anima, esse bevano insieme.

 

9 - Che l'anima in tale stato secondo la memoria beva del suo Amato, è chiaro in quanto che essa è illuminata con la luce dell'intelletto ricordando i beni che possiede e di cui gode nell'unione con Lui.

 

10 - Questa divina bevanda, deifica, innalza l'anima e la inebria tanto che ne risente l'effetto anche quando è

 

uscita,

 

11 - ossia dopo che ha cessato di ricever tali grazie.

Infatti se è vero che, dopo esservi stata posta da Dio, l'anima rimane perennemente nello stato sublime del matrimonio, tuttavia non è sempre attualmente unita secondo le potenze suddette, sebbene lo sia sempre secondo la sostanza. Ma anche le potenze molto spesso si uniscono in questa unione sostanziale dell'anima e bevono in questa cantina, l'intelletto conoscendo, la volontà amando, ecc.

Però, quanto ora dice l'anima, cioè uscita, non va inteso dell'unione essenziale o sostanziale già posseduta, ma dell'unione delle potenze, la quale non è né può essere continua in questa vita.

 

12 - Perciò uscita di lì

 

alla pianura bella,

 

cioè per tutta questa bellezza del mondo,

 

tutto dimenticai.

 

13 - Infatti l'aver bevuto in questo stato la sapienza altissima di Dio, le fa dimenticare tutte le cose del mondo, anzi all'anima sembra che tutta la sua scienza passata e quella stessa del mondo intero, confrontata con la sapienza divina, sia pura ignoranza.

Per comprendere meglio la cosa è necessario ricordare che la causa formale, per cui l'anima in questo stato non conosce il mondo, va ricercata nel fatto che ella rimase informata della scienza soprannaturale, al cui confronto ogni sapere umano è piuttosto ignoranza che scienza. Perciò l'anima elevata a questo altissimo grado di sapienza per mezzo di essa comprende che ogni altro sapere come non ha rapporto con questo non è scienza, ma ignoranza e che è meglio lasciarlo da parte. Viene così confermata la verità del detto dell'Apostolo: La sapienza degli uomini è stoltezza dinanzi a Dio (I Coro 3, 19). Per questo l'anima dopo aver bevuto quella sapienza divina dice: tutto dimenticai.

Quanto sia vero che la sapienza degli uomini e del mondo intero è pura ignoranza, degna di non essere appresa, non si può capire senza la grazia che Dio sia presente nell'anima comunicandole la sua sapienza e corroborandola con la bevanda di amore in modo che ella possa comprendere chiaramente questa verità. È quanto fa capire Salomone: Questa è la visione avuta e narrata da un uomo con il quale sta Dio e che, confortato dalla dimora che Dio fa in lui, disse: lo sono il più insipiente degli uomini e la loro sapienza non è con me (Prov. 30, 1-2) .

Ciò accade perché trovandosi in quell'eccesso di alta sapienza di Dio, si accorge che quella vile degli uomini diventa per lui ignoranza. Anzi le stesse scienze naturali e le opere fatte da Lui, dinanzi a ciò che è sapere di Dio, sono come un non sapere, poiché dove non si conosce Dio, non si conosce niente. Perciò le cose alte di Dio sono insipienza e stoltezza per gli uomini, come afferma S. Paolo (I Cor. 2, 14). I savi secondo Dio e quelli secondo gli uomini si stimano stolti a vicenda poiché gli uni non possono capire la sapienza e la scienza di Dio e gli altri quella del mondo, essendo quella del mondo una ignoranza nei confronti di quella di Dio e viceversa.

 

14 - Inoltre il rapimento e l'estasi della mente in Dio in cui l'anima è come rapita, inebriata di amore, tutta trasformata in Lui, le impedisce di conoscere ogni cosa del mondo. Infatti non solo rimane estranea a tutte le cose, ma anche a se stessa, annichilita, assorbita e liquefatta in amore, il che consiste nel passare da sé all'Amato. Perciò, la sposa dei Cantici, dopo aver trattato della sua trasformazione amorosa in Dio, mette in risalto la nescienza in cui rimane, dicendo: Nescivi (Cant. 6, II) - Non seppi.

In questo grado l'anima in certo modo si trova nello stato di innocenza come Adamo il quale non sapeva che cosa fosse il male. Ella è tanto innocente da non capire e non giudicare mente come male. Udrà e vedrà con i suoi occhi azioni molto cattive, ma non potrà capirne la malizia perché, per mezzo dell'abito della vera sapienza non ha in sé alcuna abitudine cattiva per giudicare gli esseri, avendole Dio radiato tutti gli abiti imperfetti e l'ignoranza, a cui si riduce il male del peccato. E così, anche circa di essi, l'anima ormai niente sa.

 

15 -. Essa si intrometterà poco nelle cose altrui, poiché non si ricorda neppure delle sue. Lo spirito di Dio ha la proprietà di inclinare l'anima in cui dimora a ignorare e a non voler sapere le cose degli altri, specialmente quelle che non gli sono di profitto, perché lo spirito di Dio è raccolto in lei piuttosto per liberarla che per implicarla nelle cose altrui. Perciò ella rimane in un non saper nulla, nella maniera in cui era solita.

 

16 - Tuttavia non si deve credere che, trovandosi in questo stato di ignoranza, l'anima perda anche gli abiti delle scienze acquisite che aveva, che anzi diventano più perfetti con l'abito più perfetto, cioè con quello della scienza soprannaturale che le è stata infusa. C'è solo da dire che essi non regnano più in lei in modo che ella senta la necessità di conoscere le cose per loro mezzo, sebbene alcune volte avvenga altrimenti. In questa unione con la sapienza divina questi abiti si uniscono con la sapienza superiore delle altre scienze allo stesso modo con cui una luce piccola si congiunge con una grande: è questa che priva l'altra di luce e che risplende, tuttavia l'altra non si perde, ma acquista anzi maggior perfezione, benché sia quella che risplende di meno.

Così secondo il mio parere avverrà in cielo dove gli abiti acquisiti di scienza posseduta dai giusti non si corromperanno, ma non saranno loro di molta utilità, perché i beati conoscono molto di più nella sapienza divina.

 

17 - Ma l'anima in quel rapimento di amore perde e ignora le notizie, le forme particolari delle cose e gli atti della immaginazione e qualunque altra apprensione che abbia forma o figura. Ciò avviene per due ragioni: prima, essa, rimanendo attualmente assorta e imbevuta in quella bevanda di amore, non può stare attualmente in nessuna altra cosa; seconda e più importante, perché quella trasformazione in Dio la rende conforme alla di Lui semplicità e purezza in cui non si ha alcuna forma o figura immaginaria, in maniera tale da lasciarla monda, pura e vuota da tutte le forme e immagini possedute prima, purificata e illuminata dalla semplice contemplazione. Si comporta come il sole il quale, allorché batte in una vetrata, la fa diventare chiara, rendendo invisibili tutte le macchie e tutti i bruscoli i quali però, sparito il sole, tornano nuovamente a farsi vedere come prima. All'anima invece, tale ne scienza dura quanto permane in lei l'effetto di quell'atto di amore, di modo che non può prestare attenzione a nessuna cosa particolare finché non sia passato tale effetto, il quale, se da una parte l'ha infiammata trasformandola in amore, dall'altra l'ha annichilita liberandola da tutto ciò che non era amore. Lo abbiamo già detto rispetto a David il quale afferma:

Essendosi infiammato il mio cuore, nello stesso tempo si mutarono anche i miei reni, e fui ridotto al nulla e non lo seppi (Sal. 72, 21-22). Il mutarsi dei reni a causa di questo incendio del cuore, significa la trasformazione dell'anima in Dio con tutti i suoi appetiti, in una nuova maniera di vita, dopo essersi disfatta interamente dell'uomo vecchio di cui ella si serviva in passato. Perciò il Salmista dice che fu ridotto al nulla e non lo seppe, indicando due effetti della bevanda presa in questa cantina di Dio. Infatti l'anima non solo annichila tutto il suo sapere primitivo che le pare un niente, ma anche tutta la sua vita passata e le imperfezioni creando l'uomo nuovo, che è il secondo effetto che ne promana, contenuto nel verso:

 

anche il gregge smarrii, prima seguito.

 

18 - Bisogna ricordare che, finché non giunge allo stato di perfezione, l'anima, per quanto spirituale, resta sempre con qualche piccolo gregge di appetiti, di gusti e di imperfezioni, sia naturali che spirituali, dietro a cui ella va cercando di pascolarli, col seguirli e soddisfarli.

Infatti, circa l'intelletto, in genere le rimangono alcune imperfezioni dell'appetito di sapere qualche cosa; circa la volontà si lascia trasportare da alcuni piccoli gusti e appetiti. Questi ora sono di cose temporali, come il desiderio di possedere qualche oggetto, l'attaccamento più all'una cosa che all'altra, qualche desiderio di stima, qualche puntiglio in cui si fissa e altre cosuccie, che sanno ancora di mondo. Ora tali appetiti riguardano cose naturali, come il mangiare e il bere, gustando più dell'uno che dell'altro, desiderando e scegliendo il meglio; ora poi sono circa le cose spirituali, come la ricerca dei gusti di Dio e tante altre debolezze, delle quali non finiremmo mai di parlare, in cui sono solite cadere le persone spirituali non ancora perfette. Circa la memoria l'anima va soggetta a una grande instabilità, a sollecitudini e considerazioni inopportune che l'assorbono. Anche nei confronti delle quattro passioni, essa ha talvolta molta speranza, molte gioie, molti dolori e timori inutili che la trascinano.

 

19 - È bene notare che alcuni hanno un gregge più numeroso, altri meno; tutti però lo seguono finché, entrati per bere nella cantina interiore, lo perdono totalmente, rimanendo tutti trasformati in amore. Ivi infatti il gregge delle imperfezioni dell'anima viene distrutto con maggiore facilità di quella con cui il fuoco fa sparire l'ossido e la ruggine dai metalli. In tal modo l'anima si sente ormai libera da ogni quisquilia di gusti e di imperfezioni inseguite da lei, di maniera che può ben dire con ragione: Anche il gregge smarrii, prima seguito.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - In questa unione interiore Dio si comunica all'anima con amore cosi vero che non vi è affetto di madre che con eguale tenerezza accarezzi suo figlio né amor di fratello e di amico con cui si possano confrontare. A tanto giungono la tenerezza e la sincerità dell'amore con il quale l'immenso Padre ricrea e solleva l'anima umile e amante - o cosa mirabile e degna di ogni timore ed ammirazione! - da sottomettersi veramente a lei per elevarla, come se Egli fosse il servo e lei il Signore. Ed è così sollecito a favorirla, come se Egli fosse lo schiavo, ed ella Dio, tanto profonda è l'umiltà e la dolcezza di Dio!

In questa comunicazione di amore il Signore in qualche modo compie quel servizio che, come dice nel Vangelo, presterà ai suoi eletti in cielo dove cingerà la veste, e passando dall'uno all'altro, li servirà (Lc. 12, -37). E cosi qui s'impegnerà a favorire e ad accarezzare l'anima come una madre serve ed accarezza il suo bambino, nutrendolo con il suo petto. In ciò ella comprende la verità delle parole di Isaia: Sarete portati al petto di Dio e sulle ginocchia accarezzati (66, 12).

 

2 - Quali dunque saranno i sentimenti dell'anima in mezzo a queste grazie tanto sublimi? Come si struggerà in amore! Di quanta gratitudine sarà piena vedendo il seno di Dio aperto per lei con un amore sì sovrano e generoso! Sentendosi immersa in tante delizie, fa a Dio il dono di tutta se stessa e gli offre in cambio il seno della sua volontà e del suo amore, sperimentando in ciò quello che la sposa dei Cantici prova ed esprime al suo Sposo, parlando con Lui: Io sono per il mio Amato, ed Egli è rivolto verso di me. Vieni, Amato mio, andiamocene in campagna, dimoriamo insieme nelle ville. Alziamoci di buon mattino per andare a vedere se la vigna è fiorita e i fiori promettono i frutti, e se sono fioriti i melograni. Lì ti darò il mio petto, cioè impiegherò i diletti e le forze della mia volontà in servizio del tuo amore.

Poiché nella presente unione avviene la reciproca donazione fra Dio e l'anima, questa ne parla nella strofa seguente dicendo:

 

STROFA 27

 

Lì mi dette il suo petto,

lì una scienza mi infuse saporosa,

ed io a lui mi detti,

senza tralasciar cosa,

e gli promisi allor d'esser sua sposa.

 

SPIEGAZIONE

 

3 - In questa strofa l'anima narra la donazione che da ambedue le parti, cioè da parte sua e di Dio, è avvenuta in questo fidanzamento spirituale, affermando che in quella cella interiore di amore l'uno si unì all'altra in comunicazione amorosa, poiché Egli liberamente le porse il petto del suo amore, in cui le insegnò la sapienza segreta. Ella poi si dona a Lui tutta, senza riservare niente per sé o per altri, dicendo di essere ormai sua per sempre.

Ecco il verso:

 

Lì mi dette il suo petto.

 

4 - Dare il petto ad un altro vuol dire offrirgli il proprio amore e la propria amicizia e, come un amico, metterlo a parte dei propri segreti. Perciò quando l'anima afferma che Dio le ha dato il suo petto, vuol dire che le ha comunicato il suo amore e i suoi segreti, cosa che Egli fa in questo stato. Ma fa poi molto di più, come dice nel verso seguente:

 

lì una scienza mi infuse saporosa.

 

5 - La scienza saporosa insegnata all'anima è la teologia mistica, o conoscenza segreta di Dio, a cui gli autori spirituali danno il . nome di contemplazione. Essa è molto saporosa perché è una conoscenza che si acquista per amore, che ne è il maestro, e rende saporita ogni cosa. Poiché il Signore concede all'anima questa scienza e intelligenza nell'amore con cui le si comunica, essa è saporosa per l'intelletto, giacché come scienza appartiene ad esso, e lo è anche per la volontà poiché viene concessa con l'amore, il quale appartiene a questa facoltà.

L'anima dice subito:

 

ed io a lui mi detti.

 

6 - Al tempo in cui beve soavemente di Dio e si immerge in Lui, molto volentieri e con grande soavità l'anima si dona tutta a Dio, desiderando di essere tutta sua e di non possedere niente all'infuori di Lui. Dio stesso, producendo tale unione, le dona anche la purezza e la perfezione necessaria per essa e, trasformandola in sé, la rende tutta sua e libera da quanto ella possedeva fuori di Dio.

Ne segue che non solo secondo la volontà, ma anche secondo l'azione ella realmente si è data tutta al Signore, senza riserbare niente per sé, nello stesso modo con cui il Signore si è dato liberamente a lei. E così le due volontà si ripagano, si cedono e si soddisfano a vicenda, ta1ché l'una non abbandonerà mai più l'altra in nessun caso, con la fedeltà e la costanza del fidanzamento. Perciò l'anima aggiunge:

 

e gli promisi allor d'esser sua sposa.

 

7 - Come la sposa ripone nello sposo il suo amore, le sue preoccupazioni e il suo operare, così l'anima in questo stato non ha nessun affetto della volontà, nessuna cognizione dell'intelletto, nessuna azione che, insieme con i suoi appetiti, non sia rivolta a Dio. Essa infatti è diventata divina, di modo che non ha neppure i primi moti contrari a quello che ella può intendere essere volontà del Signore.

Come un'anima imperfetta in generale ha almeno i primi moti inclinati al male e all'imperfezione secondo l'intelletto, la volontà, la memoria· e gli appetiti, così quella che si trova in questo stato, fino dai primi moti dell'intelletto, della memoria, della volontà e degli appetiti ordinariamente è inclinata a Dio, in forza del grande aiuto e della grande costanza e della perfetta conversione al bene che ha già raggiunto in Lui.

David fa ben capire tutto ciò allorché, parlando dell'anima sua in tale stato, dice: Non sarà forse l'anima mia soggetta a Dio? Sì, perché da Lui viene la mia salute e perché Egli è mio Dio e mio Salvatore; mio rifugio, non mi muoverò più (Sal. 61, 2-3). Dicendo «mio rifugio» fa capire come, essendosi l'anima sua rifugiata nel Signore e unita con Lui, come affermiamo qui, non avrà più nessun movimento contrario a Lui.

 

8 - Da quanto è stato detto appare chiaro che l'anima giunta allo sposalizio spirituale non sa fare altra cosa che amare e andare sempre in delizie di amore con lo Sposo, perché è arrivata alla perfezione, la cui essenza, come dice S. Paolo (Col. 3, 14), è l'amore. Un'anima, quanto più ama, tanto più è perfetta in ciò che ama, e quindi quest'anima che ormai è perfetta, è tutta amore, se si può dire così, e tutte le sue azioni sono amore. Essa impiega nell'amare tutte le sue potenze e tutto quello che possiede, dando tutte le sue cose, come il saggio mercante (Mt. 13, 46) per il tesoro di amore trovato nascosto in Dio. Tale tesoro 'è così prezioso davanti a Lui che ella, vedendo che l'Amato niente apprezza e di niente si serve all'infuori dell'amore, desiderando di servirlo perfettamente, si impegna tutta in amare puramente Dio:

E non solo perché Egli vuole così, ma anche perché l'amore in cui è unita, in tutte le cose e per mezzo loro la spinge all'amore di Dio. Come l'ape coglie il miele da tutti i fiori, dei quali non si serve che a tale scopo, così anche da tutto ciò che succede in lei, l'anima con grande facilità riceve le dolcezze di amore che vi trova. Informata e protetta com'è dall'amore, non sente né gusta né sa fare altro che amare Dio nelle cose sia in maniera dolce che aspra; poiché ella ormai non sa fare altro che amare, il gusto che prova in tutte le creature e in tutte le azioni è un diletto di amore di Dio.

E per esprimere ciò ella dice la strofa seguente.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Ma, poiché abbiamo detto che Dio di niente altre si serve che di amore, sarà bene prima dirne la ragione Ciò accade perché tutte le nostre opere e tutte le nostre fatiche, per quanto siano grandi, sono niente davanti a Dio giacché con esse non gli possiamo dare niente, né compiere il suo desiderio, che è solo quello di esaltare l'anima Nessuna glorificazione desidera per sé, ché non ne ha bisogno, per cui se si serve di qualche cosa, se ne serve perché l'anima sia esaltata. Perché non vi è altra cosa in cui l: possa esaltare tanto quanto in quella di renderla uguale a sé, perciò vuole unicamente che ella lo ami, essendo proprio dell'amore rendere uguale chi ama con la cosa amata. Per questo, possedendo l'amore perfetto, l'anima chiama se stessa sposa del Figlio di Dio, con un termine che significa uguaglianza con Lui, nella quale uguaglianza di amicizia tutto è comune ad ambedue, secondo quanto lo Sposo dice ai suoi discepoli: Vi ho chiamato amici, perché vi ho manifestato tutto ciò che ho inteso dal Padre mio (Gv. 15, 15). Dice dunque la strofa:

 

STROFA 28

 

L'anima mia si è data,

tutti i miei beni sono a suo servizio;

non pasco più la greggia,

non ho più altra cura,

ché solo nell' amore è il mio esercizio.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - Dopo che nella strofa precedente l'anima, o meglio la sposa, ha detto di essersi data tutta allo Sposo senza riservare nulla per sé, nella presente descrive il modo con cui ha fatto questo dono.

Afferma che ormai il suo spirito, il suo corpo, le sue potenze ed ogni sua capacità non sono più impiegate nelle cose sue, ma in quelle che si riferiscono al servizio dello Sposo. Perciò ella non cerca più il proprio interesse né va dietro ai propri gusti e nemmeno si prende pensiero delle cose o delle altre cure estranee o lontane da Dio. Con Dio stesso anzi ella non usa altro modo di trattare fuori dell'esercizio di amore, perché ormai ha già cambiato in amore tutto il suo precedente modo di fare, secondo quanto ora si dirà.

 

L'anima mia si è data.

 

3 - Dicendo di essersi donata, l'anima mette in risalto il dono di sé fatto all'Amato in quell'unione di amore, dove si è votata al servizio di Lui, con tutte le sue potenze, in tel1etto, volontà e memoria. Con l'intelletto, applicandosi conoscere le cose che sono di maggior sua gloria per compierle, con la volontà amando tutto ciò che piace al Signor e volgendo sempre a Lui l'affetto, con la memoria preoccupandosi di quanto riguarda il suo servizio divino e gli torna più gradito.

E aggiunge:

 

tutti i miei beni sono a suo servizio.

 

4 - Per tutti i miei beni l'anima intende quanto appartiene alla parte sensitiva. La parte sensitiva comprende il corpo con tutti i sensi o potenze, sia interni che esterni e ogni capacità naturale, vale a dire le quattro passioni, g: appetiti e le altre forze naturali. Tutto ciò è ormai occupato nel servizio dell'Amato, insieme con la parte razionale o spirituale. L'anima infatti usa del corpo secondo Dio indirizzando a Lui i sensi interni ed esterni con le lor azioni. Anche le sue quattro passioni sono unite con il Signore, poiché ella non gode che in Lui, non spera che i Lui, non teme che Lui e non si duole che in Lui; e così PUI tutti i suoi appetiti e tutte le sue preoccupazioni vanno solo a Dio.

 

5 - Tutti questi beni sono indirizzati a Dio in modo tale che tutte le loro parti nei primi moti si sentono inclinate ad operare in Dio e per Dio, anche se l'anima ne se ne accorge. L'intelletto, la memoria e la volontà vanno immediatamente verso il Signore, gli affetti, i sensi, i desideri e gli appetiti, la speranza, la gioia e ogni possesso ~ primo slancio si rivolgono verso Dio, quantunque l'anima non si accorga di operare per Lui.

Perciò ella molto spesso agisce per amore di Dio, a tende a Lui e si occupa delle sue cose, senza ricordarsi cl lo fa per Lui, poiché l'abitudine posseduta da lei in questo genere di azioni la priva dell'avvertenza, dell'attenzione e degli atti fervorosi che era solita suscitare a principio di ogni azione.

Poiché questo capitale è già indirizzato al Signore nella maniera suddetta, l'anima necessariamente deve fare quanto afferma nel verso seguente:

 

non pasco più la greggia,

 

6 - come se dicesse: non vado più dietro ai miei gusti e ai miei appetiti, poiché, avendoli riposti e consacrati a Dio, non li conduco più al peccato, né li custodisco per un vantaggio personale.

Non solo dice che non pasce più 'la greggia, ma anche:

 

non ho più altra cura.

 

7 - Prima di giungere a compiere questo dono di sé e dei suoi beni all'Amato, l'anima si dedicava a tante occupazioni inutili mediante le quali serviva il proprio e l'altrui appetito: erano tante quanti erano gli abiti di imperfezione posseduti. Tali occupazioni consistono nell'abitudine di dire, pensare e fare cose inutili, senza usarne in maniera conforme alla perfezione. Inoltre l'anima suole avere altri appetiti con cui serve a quelli degli altri, come sono le ostentazioni, i complimenti, le adulazioni, i riguardi, il desiderio di fare buona figura e di piacere ancora alla gente e numerosi altri mezzi vani, per mezzo dei quali ella si preoccupa di piacere al prossimo, occupandovi la cura, l'appetito, l'opera, insomma tutto quanto possiede.

L'anima ormai non ha più queste abitudini, poiché ogni sua parola, pensiero e opera appartiene ed è indirizzata a Dio, senza le imperfezioni del passato. Perciò è come se dicesse: non cerco più di soddisfare il mio o l'altrui appetito, né mi occupo più, intrattenendomici, in altri inutili passatempi e vanità del mondo,

 

ché solo nell'amore è il mio esercizio.

 

8 - Quasi dicesse: ogni mia occupazione è posta nell'esercizio dell'amore di Dio, cioè ogni capacità dell'anima, il corpo, la memoria, l;intelletto e la volontà, i sensi interni ed esterni, e gli appetiti della parte sensitiva e spirituale si muovono per amore e nell'amore, facendo o soffrendo tutto per amore.

A ciò allude David quando dice: lo custodirò per te la mia forza (Sal. 58, IO).

 

9 - Ora c'è da notare che quando l'anima giunge a tale stato, sente nascere sempre un amore e un piacere maggiore da ogni esercizio della parte sensitiva e di quella spirituale, sia nell'agire che nel patire l'azione altrui. Perfino l'orazione e la conversazione con Dio, che prima ella soleva tenere su altri argomenti e in altro modo, ormai sono divenuti del tutto un esercizio di amore. Perciò sia che il suo tratto riguardi le cose temporali che quelle spirituali, ella può sempre dire: Ché solo nell'amare è il mio esercizio.

 

10 - Vita felice, felice stato! Fortunata l'anima che giunge là dove tutto le è diventato ormai sostanza di amore, piacere e diletto nuziale. Qui la sposa può rivolgere con verità allo Sposo le parole di puro amore che gli rivolge nel Cantico: Custodii per te tutte le mele nuove e vecchie (7, 13), come se dicesse: Amato mio, chiedo per amor tuo tutto l'aspro e il faticoso e per te riservo tutto ciò che è soave e gustoso.

Ma il senso accomodato di questo verso è che l'anima in tale stato di fidanzamento spirituale ordinariamente cammina in unione d'amore di Dio, la quale è una comune e ordinaria avvertenza amorosa della volontà in Dio.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Quest'anima è veramente perduta a tutte le cose e guadagnata solo all'amore, senza impiegare più lo spirito in altra cosa; perciò ella viene meno anche a ciò che è vita attiva e ad altri esercizi esteriori, per attendere davvero all'unica cosa che a dire dello Sposo, è necessaria (Le, IO, 42), cioè all'attenzione e al continuo esercizio di amore in Dio. Questo Egli stima e apprezza tanto che rimprovera Marta la quale voleva allontanare Maria dai piedi di Lui perché si occupasse in altra attività in servizio di Lui (Le, IO, 41); Marta credeva di essere lei a far tutto e Maria niente, perché questa se ne stava godendo ai piedi del Signore, mentre accadeva tutto il contrario (poiché non vi è opera migliore e più necessaria dell'amore). Anche nel Cantico Egli difende la sposa, scongiurando tutte le creature del mondo, simboleggiate dalle figlie di Gerusalemme, di non impedire alla sposa il sonno spirituale dell'amore e di non farla svegliare né aprire gli occhi ad altra cosa finché ella non voglia. (Cant, 3, 5)·

 

2 - È necessario ricordare come, finché non giunge a questo stato di unione di amore, l'anima è bene che eserciti l'amore sia nella vita attiva che in quella contemplativa.

Giunta invece a tale meta non le conviene occuparsi in altre opere e in altri esercizi esteriori che le possono impedire un solo momento di quella attenzione amorosa in Dio, anche se servono grandemente al suo servizio. Invero è più prezioso al cospetto del Signore e dell'anima e di maggior profitto per la Chiesa un briciolo di puro amore che tutte le altre opere insieme, quantunque sembri che l'anima non faccia niente.

Per questo Maria Maddalena, sebbene con la sua predicazione facesse molto bene e fosse per farne molto di più in seguito, desiderosa di fare cosa gradita al suo Sposo e utile alla Chiesa si nascose trent'anni nel deserto onde dedicarsi davvero a quest'amore, sembrandole che ad ogni modo avrebbe guadagnato molto di più in questa maniera, poiché un po' di questo amore arreca grandi vantaggi e importa molto alla Chiesa.

 

3 - Pertanto qualora un'anima possieda un po' di questo grado di amore solitario, si farebbe grande danno a lei e alla Chiesa se, anche per breve tempo, si spingesse ad occuparsi in cose esteriori ed attive, sia pure di grande importanza. Poiché Dio scongiura che nessuno la svegli da questo amore, chi ardirà di farlo senza essere rimproverato? In fin dei conti siamo stati creati proprio per questo.

Quelli dunque che sono molto attivi e che pensano di abbracciare il mondo con le loro prediche e con le loro opere esteriori ricordino che sarebbero di maggior profitto per la Chiesa e molto più accetti a Dio, senza parlare del buon esempio che darebbero, se spendessero almeno la metà del tempo nello starsene con Lui in orazione, anche se non fossero giunti ad un'orazione così alta com'è questa. Certamente allora con minor fatica otterrebbero più con un'opera che con mille per il merito della loro orazione e per le forze spirituali acquistate in essa, altrimenti tutto si ridurrà a dare vanamente colpi di martello e a fare poco più che niente, talvolta anzi niente e anche danno. Dio non voglia che il sale diventi insipido, poiché allora quantunque sembri che produca all'esterno qualche effetto buono, di fatto non fa niente, essendo certo che le buone opere non si possono fare se non in virtù di Dio.

 

4 - Quanto ancora si potrebbe scrivere su tale argomento, ma non è questo il luogo adatto! Ho detto ciò per rendere comprensibile l'altra strofa, nella quale l'anima si difende rispondendo a tutti coloro che impugnano il suo ozio santo e vogliono ridurre tutto all'attività che splenda di fuori e contenti l'occhio, perché non capiscono la vena da cui scaturisce l'acqua e la radice da cui nasce ogni frutto.

Perciò dice la strofa:

 

STROFA 29

 

Se da oggi nel prato

non sarò più né vista né trovata,

dite che san smarrita,

che, essendo innamorata,

mi san persa volendo e ho guadagnato.

 

SPIEGAZIONE

 

5 - In questa strofa l'anima risponde ad un tacito rimprovero che le viene fatto da parte delle persone. del mondo le. quali hanno l'abitudine di biasimare coloro che davvero si danno a Dio, ritenendoli esagerati nel loro ritiro dal mondo e nel loro modo di agire, tacciandoli di inetti negli affari importanti del secolo e perduti a ciò che il mondo apprezza e stima. A tale rimprovero l'anima risponde gentilmente facendo fronte molto audacemente e arditamente a ciò e a tutto· quanto il mondo le può obiettare poiché, essendo giunta al centro dell'amore di Dio, tiene in poco conto tutto il resto. Non basta questo, ma in tale strofa ella confessa e si gloria di essere giunta a tanto perdendosi a sé e al mondo per l'Amato.

Perciò in questa strofa ella vuol dire a quelli del mondo che se non la vedranno più partecipare alle conversazioni e ai passatempi come era solita fare prima, credano e dicano pure che ella si è smarrita e allontanata da loro; ella lo reputa un bene così grande da desiderare di smarrirsi mentre va in cerca dell'Amato, perché ne il molto innamorata.

Affinché quelle persone vedano il vantaggio della sua perdita senza ritenerla insipienza o inganno, l'anima afferma che questo smarrimento è stato per lei un guadagno, e che si è perduta di sua spontanea volontà.

 

Se da oggi nel prato

non sarò più né vista né trovata.

 

6 - Per prato ordinariamente si intende un luogo comune dove la gente è solita riunirsi per riposo e per divertimento e anche quello dove i pastori conducono al pascolo i loro greggi. Per prato quindi l'anima qui intende il mondo, dove i mondani trovano i loro passatempi, hanno le loro conversazioni e pascolano il gregge dei loro appetiti. Se non sarà vista né trovata in esso come prima che si desse tutta a Dio - dice - la ritengano pure per perduta, anzi lo affermino, poiché se ne rallegra, desiderando che dicano così:

 

dite che son smarrita.

 

7 - Chi ama non si vergogna davanti al mondo delle opere che fa per amore di Dio, né le nasconde per rossore, anche se il mondo intero dovesse condannarla, poiché lo stesso Piglio di Dio - come Egli dice in S. Luca - si vergognerà di confessare davanti al Padre colui che si sarà vergognato di confessare Lui davanti agli uomini, tralasciando di fare le sue opere (Le, 9, 26). Perciò l'anima, spinta dall'amore, si vanta di essere veduta compiere per gloria dell'Amato un'opera in forza della quale si è perduta a tutte le cose del mondo; perciò afferma: Dite che son smarrita.

 

8 - Poche sono le persone che nell'agire sono così decise. Infatti anche se alcuni si comportano in questo modo credendo di essere tra i più distaccati, non riescono mai a liberarsi da alcuni capricci concernenti il mondo e la natura in maniera da compiere opere perfette e nude per amore del Cristo, senza badare a quanto si possa dire o pensare. Perciò costoro non potranno affermare: Dite che son smarrita, poiché nell'agire non sono perduti a se stessi; si vergognano anzi di confessare il Cristo davanti agli uomini e, avendo umani riguardi, non vivono veramente in Lui.

 

Che, essendo innamorata,

 

9 - vale a dire: innamorata di Dio, praticando le virtù,

 

mi son persa volendo e ho guadagnato.

 

10 - L'anima conoscendo le parole di Gesù: Nessuno può servire a due padroni (Mt. 6, 24), ma necessariamente deve venir meno ad uno, ora afferma che, per non venire meno a Dio, ha abbandonato quanto non è Lui, cioè tutte le altre cose e se stessa, perdendosi a tutto per amore dello Sposo.

Chi è veramente innamorato, si distacca subito da tutto il resto per guadagnare ancora di più quello che ama. Perciò ora l'anima dice di essersi perduta da se stessa, cioè a bella posta. Ciò accade in due maniere, vale a dire: si è perduta a se stessa col non fare caso alcuno di sé, ma dell'Amato donandosi a Lui gratuitamente, senza nessun interesse, perdendosi da se stessa, senza cercare per sé alcun guadagno; inoltre si è perduta a tutte le cose, preoccupandosi solo di quelle riguardanti lo Sposo: questo è perdersi a bella posta, che equivale a bramare di essere guadagnata.

 

11 - Chi dunque è innamorato di Dio non pretende né guadagno né premio, ma desidera solo perdere se stesso e ogni cosa per amore di Lui, riponendo in ciò il suo vantaggio. Lo afferma San Paolo quando scrive: Mori lucrum, vale a dire: il mio morire spiritualmente a tutte le cose e a me stesso per Cristo è il mio guadagno (Fil. I, 21). Perciò l'anima dice «ho guadagnato », mentre chi non sa perdere se stesso, non si guadagna, anzi si perde, secondo quanto Nostro Signore dice nel Vangelo (Mt. 16, 25): Chi vuol guadagnare l'anima sua per sé, la perderà; chi la perde per amor mio, la guadagnerà.

Se vogliamo prendere il versetto citato in senso più spirituale e più conforme all'argomento di cui si tratta, c'è da notare come allorché un'anima nel cammino spirituale è giunta a tanto di essersi perduta a tutte le vie naturali di procedere nel tratto con Dio, talché ormai non lo cerca più mediante considerazioni, forme, sentimenti e altri mezzi di creature e di sensi, ma è passata sopra a tutto questo e sopra ad ogni suo modo di fare, trattando e godendo di Dio in fede e in amore, allora è veramente guadagnata a Dio, poiché si è ormai perduta a quanto non è Lui e a ciò che ella è in sé.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Essendo l'anima dunque guadagnata in tal modo, tutto ciò che opera è per lei un acquisto, poi~h~ tutta la forza delle sue potenze è rivolta a trattare spirltualmente con l'Amato con saporoso amore interiore. Le comunicazioni interiori tra l'anima e Dio durante questo contatto procurano un diletto così sublime e delicato da non esservi lingua mortale capace di esprimerlo e intelletto umano capace di intenderlo. Come una sposa nel giorno delle sue nozze non attende ad altro che a festa e diletto di amo~e ed a mettere in mostra tutti i suoi gioielli e le sue grane per piacere e rallegrare lo Sposo e questi a sua volta le mostra le sue ricchezze ed eccellenze per farle festa e darle svago, così accade in queste nozze .spirituali. L:anima comprende veramente quanto la sposa dice nel Cantico: lo sono per l'Amato e l'Amato è per me (6, 2); le virtù e la grazia della sposa, le magnificenze e grazie dello Sposo, Figlio di Dio, vengono. messe in luce e preparate per celebrare le nozze di questo matrimonio, dove i beni e i diletti delle due parti vengono comunicati a vicenda, con il vino del gustoso amore nello Spirito Santo.

Per manifestare ciò l'anima, parlando con lo Sposo, dice la strofa seguente:

 

 

STROFA 30

 

Di smeraldi e di fiori

nella frescura del mattino scelti,

intesserem ghirlande,

nell'amor tuo fiorite,

e con un mio capello intrecciate.

 

SPIEGAZIONE

 

2 - Nella strofa presente la sposa torna a parlare con lo Sposo in comunicazione di amore. Tratta con Lui della gioia e del diletto che tanto lei che il Figlio di Dio provano nel possesso scambievole delle ricchezze delle virtù e dei doni e nell'esercizio di esse dall'uno all'altra, godendone fra di loro per comunicazione di amore. Perciò, parlando con Lui, ella dice che essi intrecceranno ghirlande ricche di doni e di virtù acquisite e guadagnate in tempo accettevole e conveniente, abbellite e rese graziose nell'amore che Egli le porta, sostenute e conservate nell'amore che ella ha per Lui. Per tale ragione chiama questo godere delle virtù un intrecciar ghirlande poiché di tutte queste unite come i fiori di una ghirlanda, godono ambedue nell'amore che si portano a vicenda.

 

Di smeraldi e di fiori.

 

3 - I fiori sono le virtù dell'anima; gli smeraldi i doni che essa riceve da Dio; ora questi fiori e smeraldi sono

 

nella frescura del mattino scelti,

 

4 - cioè guadagnati e acquistati in gioventù, che è il fresco mattino della vita.

Li dice scelti, perché le virtù che si acquistano in giovinezza sono scelte e molto accette a Dio, per essere state conquistate in un'epoca in cui è maggiore il contrasto da parte dei vizi e da parte della natura vi è una maggiore inclinazione e facilità a perderle; e anche perché se si comincia a coglierle fin dal tempo della giovinezza, le virtù che si conquistano sono molto più perfette e più preziose.

La giovinezza viene chiamata fresca mattina, giacché come in primavera il mattino per il fresco è gradito più che le altre ore del giorno, così sono le virtù della giovinezza al cospetto di Dio.

Per questa frescura del mattino si possono intendere anche gli atti di amore mediante i quali si acquistano le virtù, che sono accette a Dio più che le mattine fresche agli uomini.

 

5 - Per frescura del mattino si intendono anche le opere fatte durante l'aridità e le difficoltà di spirito paragonate al freddo delle mattine invernali. Tale opere, compiute per amore di Dio in aridità e difficoltà di spirito, sono molto apprezzate dal Signore, poiché in esse si acquistano grandemente le virtù e i doni. Quelle che si acquistano in questa maniera e con fatica generalmente sono più preziose, più squisite e più stabili di quanto sarebbero se si acquistassero solo con gusto e dolcezza dello spirito. Nell'aridità, nella difficoltà, nel travaglio la virtù getta le sue radici seconde quanto dice il Signore a S. Paolo: La virtù si perfeziona nella debolezza (2 Cor. 12, 9)·

Pertanto, affine di mettere in risalto l'eccellenza delle virtù di cui devono essere intessute le ghirlande per l'Amato, vien detto con ragione: Nella frescura del mattino scelte infatti l'Amato gode soltanto dei fiori e degli smeraldi delle virtù, dei doni scelti e perfetti e non di quelli imperfetti

Perciò la sposa dice: per lo Sposo di queste

 

intesserem ghirlande.

 

6 - Per capire questo verso è necessario sapere che tutte le virtù e i doni che l'anima acquista e Dio in lei sono come una ghirlanda di fiori diversi con i quali ella è mirabilmente abbellita, come se portasse una veste variamente preziosa.

Per comprenderlo meglio bisogna ricordare che come i fiori materiali vengono composti in ghirlande a mano a mano che si colgono, così quelli spirituali delle virtù e dei doni si stabilizzano nell'anima a mano a mano che si acquistano. L'acquisto di tali virtù coincide con il compimento amoroso della corona di perfezione in cui l'anima e lo Sposo trovano il loro diletto, restandone abbelliti in modo corrispondente a questo stato di perfezione.

Queste sono le ghirlande che, come dice l'anima, devono fare loro due e cioè essa, aiutata da Lui, deve cingersi e circondarsi dei vari fiori e smeraldi delle virtù e dei doni perfetti, onde potere comparire degnamente al cospetto del Re con questo ornamento bello e prezioso e meritare che Egli la renda uguale a sé, collocandola al suo fianco in qualità di regina, onore che ella merita a causa della rarità della sua bellezza. Perciò David, parlando con il Cristo dice a tal proposito: Astitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate (Sal. 44, IO) che vuol dire: La regina stette alla tua destra rivestita di oro, circondata da vari ornamenti, come se dicesse: stette alla tua destra rivestita di amore perfetto e circonfusa da una moltitudine di doni e virtù perfette.

L'anima non dice «farò le ghirlande da sola» né «le farai tu, da solo» ma le faremo insieme noi due, poiché ella non può esercitare e acquistare le virtù da sola senza l'aiuto di Dio, il quale a sua volta, senza di lei, non le può generare. Poiché se e vero, secondo quanto dice S. Giacomo, che ogni ottima cosa data e ogni dono perfetto ci viene dall'alto, discendendo dal Padre dei lumi (I, 17), tuttavia esso non viene ricevuto senza il concorso attivo dell'anima in cui è deposto. Perciò la sposa dei Cantici, parlando con lo Sposo, dice: Traimi, correremo dietro a te (I, 3). Secondo il testo, la spinta verso il bene deve venire solamente da Dio, la corsa invece, come afferma l'anima, non potrà essere intrapresa né da Lui solo né da lei sola, ma “correremo tutti e due”, cioè agiranno insieme.

 

7 - li verso, preso in senso stretto, si può riferire a Cristo e alla Chiesa la quale, volgendosi a Lui, dice: Intesserem ghirlande, intendendo per ghirlande tutte le anime sante generate da Cristo nella Chiesa. Infatti ciascuna di esse è una corona composta con i fiori delle virtù e dei doni e tutte insieme formano una ghirlanda per il capo di Cristo, loro Sposo. Ghirlande belle possono dirsi anche quelle corone che con altro nome si chiamano «aureole », generate anch'esse da Cristo nella Chiesa, le quali possono essere di tre specie:

la prima è composta dai bei fiori bianchi di tutte le vergini, ciascuna delle quali ha l'aureola della sua verginità; tutte insieme costituiscono un'aureola di fiori per la testa di Cristo Sposo;

la seconda è quella dei risplendenti fiori dei santi dottori, ciascuno con la propria aureola di dottore e tutte insieme formano un'aureola da collocarsi in capo a Cristo su quella delle vergini;

la terza è intessuta dagli incarnati garofani dei martiri; ciascuno ha la propria corona di martire e tutti insieme ne formano una a compimento di quella di Cristo, loro Sposo.

Con queste tre ghirlande lo Sposo Gesù sarà così bello e grazioso a vedersi che in cielo si dirà quello che di Lui dice la sposa dei Cantici: Uscite, figlie di Sion, e mirate il re Salomone con la corona di cui lo cinse sua madre il giorno delle nozze e il giorno della letizia del suo cuore (3, II).

Dunque, intesseremo queste ghirlande, dice l'anima,

 

nell'amor tuo fiorite.

 

8 - Il fiore delle opere e delle virtù è la grazia e la virtù che esse ricevono dall'amore di Dio, senza il quale non solo non fiorirebbero, ma sarebbero secche e senza alcun valore davanti a Lui, anche se umanamente perfette.

Ma poiché Egli concede la sua grazia e il suo amore, le opere sono fiorite in questo,

 

e con un mio capello intrecciate.

 

9 - Questo capello è la volontà dell'anima e l'amore che porta all'Amato, amore il quale compie l'ufficio che il filo fa in una ghirlanda. Infatti come questo lega e ferma i fiori nella ghirlanda, così l'amore dell'anima lega e ferma le virtù in lei e ve le sostiene poiché, come dice San Paolo:

La carità è il vincolo della perfezione (Col. 3, 14).

Per questo in tale amore dell'anima le virtù e i doni soprannaturali sono legati così strettamente che, se il vincolo si spezzasse per mancanza di fedeltà a Dio, tutte le virtù immediatamente verrebbero meno in lei come, una volta spezzato' il filo, i fiori della ghirlanda cadono per terra. Non basta che Dio ci ami per darci le virtù, è anche necessario che noi portiamo amore a Lui per riceverle e conservarle.

L'anima non dice «molti capelli» ma «uno solo» per farci capire come ormai la' sua volontà aderisce solo a Lui, distaccata da tutti gli altri capelli, che sono gli amori verso le cose estranee. In ciò viene messo bene in risalto il valore di queste ghirlande di virtù perché, quando l'amore è unico e solido in Dio, come è quello di cui si parla ora, anche le virtù sono perfette e molto fiorite nell'amore di Dio. Allora infatti l'amore che Egli ha per l'anima è inestimabile, secondo quanto ella stessa sente.

 

10 - Tuttavia se io volessi fare comprendere la bellezza di intreccio di questi fiori e smeraldi di virtù o parlare alquanto della forza e maestà generata nell'anima da loro, la perfezione e la grazia con cui ella viene abbellita da questa veste di varietà, non troverei parole e termini sufficienti ad esprimerlo.

Nel libro di Giobbe (41, 6-7) Dio dice del demonio: Il suo corpo è come scudi di metallo fuso, munito di squame così strette fra di loro e aderenti l'una all'altra, che non vi può passare neppure l'aria. Se dunque ha tanta forza il demonio, perché rivestito di malizie unite e ordinate fra loro, simboleggiate dalle «squame» che come «scudi di oro fino» lo ricoprono, ogni malizia essendo in sé debolezza, quanta sarà la forza di quest'anima rivestita tutta di virtù vigorose, tanto connesse e intrecciate tra di loro, che rendono impossibile ogni bruttura e imperfezione! Ciascuna anzi dà all'anima forza con la sua forza, bellezza con la sua bellezza e la rende ricca con il suo valore e pregio e le dà potenza e grandezza con la sua maestà. Quanto meravigliosa dunque sarà per la vista spirituale l'anima nella grazia di questi doro (collocata) alla destra del Re, suo Sposo:

Quanto sono belli i tuoi passi nei calzari, o figlia del principe, dice lo Sposo nel Cantico (7, I), per indicare il principato che ella ora possiede. Se la dice «bella nei calzari» come sarà nel vestito?

 

11 - Non solo poi è meravigliosa la bellezza della sua veste di fiori di virtù, ma anche causano spavento la forza e il potere che le derivano dal loro ordine e dalla loro disposizione, a cui sono frapposti gli smeraldi di innumerevoli doni divini; perciò dice ancora di lei lo Sposo nel Cantico (6, 3):· Tu sei terribile come un esercito schierato a battaglia. Queste virtù e questi doni di Dio, come con il loro odore ricreano, così pure, essendo uniti nell'anima, danno forza con la loro sostanza. Perciò quando la sposa dei Cantici era debole e inferma di amore, perché non era ancora giunta ad unire ed intrecciare questi fiori e smeraldi con il capello del suo amore, desiderando fortificarsi con la loro unione, lo chiedeva con queste parole dicendo: Fortificatemi con i fiori e ricopritemi di mele, perché languisco di amore (2, 5), intendendo per «fiori» le virtù e per «mele» gli altri doni.

 

NOTA SULLA STROFA SEGUENTE

 

I - Credo che sia chiaro come per l'intreccio di queste ghirlande e la loro collocazione nell'anima, la sposa voglia far comprendere il grado dell'unione esistente tra lei e Dio in questo stato. Lo Sposo è i fiori, essendo il fiore del campo e il giglio delle convalli, come Egli dice (Cant. 2, I); il capello dell'amore dell'anima, come è stato detto, è quello che lega ed unisce con lei . questo fiore dci fiori, perché, come afferma l'Apostolo, l'amore è vincolo della perfezione (Col. 3, 14), la quale è l'unione con Dio. L'anima è il cuscino dove si collocano queste ghirlande, poiché è il soggetto di questa gloria, non apparendo più quello che era prima, ma lo stesso fiore perfetto, dotato della perfezione e bellezza di tutti i fiori. Quel filo di amore unisce e stringe Dio e l'anima con tanta forza da trasformarli e renderli una sola cosa per amore. E così, anche se nella sostanza sono differenti, nella gloria e nell'apparenza l'anima sembra Dio e Dio l'anima.

 

2 - Tale è l'unione di cui si parla. È mirabile più di quanto si possa dire. Si fa un po' capire in ciò che la Sacra Scrittura dice di Gionata e di David nel primo libro dei Re (I Sam. 18, I): l'amore del primo per il secondo era così forte da immedesimare l'anima di Gionata con quella di David. Se dunque l'amore di un uomo per un altro uomo fu così forte da unire strettamente le anime, che cosa sarà l'unione dell'anima con Dio, suo Sposo, compiuta dall'amore che ella porta a Dio, tanto più che Egli è l'amante principale che, con l'onnipotenza del suo amore abissale, assorbe in sé l'anima con efficacia e forza maggiore di quanto non farebbe un torrente di fuoco con una goccia di rugiada mattutina, che suole disperdersi nell'aria?

Pertanto il capello che compie quest'opera di unione, indubbiamente deve essere molto forte e sottile, se con tanta forza penetra le parti che stringe. Perciò nella strofa seguente l'anima dichiara le proprietà di questo suo bel capello.

 

 

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