V.
IL FUTURO DEL RINNOVAMENTO
14. La costituzione «Sacrosanctum Concilium» ha espresso la voce unanime del collegio episcopale, riunito attorno al successore di Pietro e con l'assistenza dello Spirito di verità, promesse dal Signore Gesù (Gv 15,26). Tale documento continua a sostenere la Chiesa lungo le vie del rinnovamento e della santità incrementandone la genuina vita liturgica.
I princìpi enunciati in questo documento orientano anche per l'avvenire della liturgia, di modo che la riforma liturgica sia sempre più compresa e attuata. «E'necessario, dunque, e conviene urgentemente intraprendere di nuovo un'educazione intensiva per far scoprire le ricchezze che contiene la liturgia» («Dominicae Cenae», 9).
La liturgia della Chiesa va al di là della riforma liturgica. Non siamo nella medesima situazione del 1963: una generazione di sacerdoti e di fedeli, che non ha conosciuto i libri liturgici anteriori alla riforma, agisce con responsabilità nella Chiesa e nella società. Non si può, dunque, continuare a parlare di cambiamento come al tempo della pubblicazione del documento, ma di un approfondimento sempre più intenso della liturgia della Chiesa, celebrata secondo i libri attuali e vissuta prima di tutto come un fatto di ordine spirituale.
a) Formazione biblica e liturgica
15. Il compito più urgente è quello della formazione biblica e liturgica del Popolo di Dio, dei pastori e dei fedeli. La costituzione lo aveva già sottolineato: «Non si può sperare la realizzazione di tutto ciò (la partecipazione piena e attiva di tutto il popolo) se gli stessi pastori d'anime non siano penetrati, essi per primi, dello spirito e della forza della liturgia e non ne diventino maestri» («Sacrosanctum Concilium», 14). E', questa, un'opera di lungo respiro, la quale deve cominciare nei seminari e nelle case di formazione (cfr. Sacrae Congr. Rituum Instr. «Inter Oecumenici», 11-13, die 6 sept. 1964: AAS 56 [1964] 879-880; Sacrae Congr. Pro Instit. Cath. «Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis», VIII, die 6 ian. 1970: AAS 62 [1970] 351-361; Instr. «In ecclesiasticam futurorum de institutione liturgica in Seminariis», die 3 iun. 1979, Romae 1979) e continuare lungo tutta la vita sacerdotale (cfr. Sacrae Congr. Rituum Instr. «Inter Oecumenici», 14-17, die 26 sept. 1964: AAS 56 [1964] 880-881). Questa stessa formazione adattata al loro stato, è indispensabile anche per i laici (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 19), tanto più che questi, in molte regioni, sono chiamati ad assumere responsabilità sempre più notevoli nella comunità.
b) Adattamento
16. Un altro compito importante per l'avvenire è quello dell'adattamento della liturgia alle differenti culture. La costituzione ne ha enunciato il principio, indicando la procedura da seguire da parte delle conferenze episcopali (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 39). L'adattamento delle lingue è stato rapido, anche se talvolta difficile da realizzare. Gli ha fatto seguito l'adattamento dei riti, cosa più delicata, ma egualmente necessaria. Resta considerevole lo sforzo di continuare per radicare la liturgia in talune culture, accogliendo di esse quelle espressioni che possono armonizzarsi con gli aspetti del vero ed autentico spirito della liturgia, nel rispetto dell'unità sostanziale del rito romano, espressa nei libri liturgici (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 37-40). L'adattamento deve tener conto del fatto che nella liturgia, e segnatamente in quella dei sacramenti, c'è una parte immutabile, perché è di istituzione divina, di cui la Chiesa è custode, e ci sono parti suscettibili di cambiamento, che essa ha il potere, e talvolta anche il dovere di adattare alle culture dei popoli recentemente evangelizzati (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 21). Non è un problema nuovo della Chiesa: la diversità liturgica può essere fonte di arricchimento, ma può anche provocare tensioni, incomprensioni reciproche e anche scismi. In questo campo, è chiaro che la diversità non deve nuocere all'unità. Essa non può esprimersi che nella fedeltà alla fede comune, ai segni sacramentali che la Chiesa ha ricevuto da Cristo ed alla comunione gerarchica. L'adattamento alle culture esige anche una conversione del cuore e, se è necessario, anche rotture con abitudini ancestrali incompatibili con la fede cattolica. Ciò richiede una seria formazione teologica, storica e culturale, nonché un sano giudizio per discernere quel che è necessario, o utile, o addirittura inutile o pericoloso per la fede. «Uno sviluppo soddisfacente in questo campo non potrà essere che il frutto di una maturazione progressiva nella fede, che integri il discernimento spirituale, la lucidità teologica, il senso della Chiesa universale in una larga concertazione» («Allocutio ad Zairenses Episcopos occasione oblata "ad Limina" visitationis coram admissos», 5, die 12 apr. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 1 [1983] 931).
c) Attenzione ai nuovi problemi
17. Lo sforzo del rinnovamento liturgico deve ancora rispondere alle esigenze del nostro tempo. La liturgia non è disincarnata («Allocutio ad eos qui interfuerunt Conventui Praesidium et Secretariorum Commissionum Nationalium de Liturgia», 2, die 27 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2 [1984] 1051). In questi venticinque anni, nuovi problemi si sono posti o hanno assunto un nuovo rilievo, quali, ad esempio, l'esercizio del diaconato aperto a uomini sposati; i compiti liturgici che nelle celebrazioni possono essere affidati ai laici, uomini o donne; le celebrazioni liturgiche per i ragazzi, i giovani e gli handicappati; le modalità di composizione dei testi liturgici appropriati per un determinato Paese.
Nella costituzione «Sacrosanctum Concilium» non si fa riferimento a questi problemi, ma si indicano princìpi generali per coordinare e promuovere la vita liturgica.
d) Liturgia e pietà popolare
18. Infine, per salvaguardare la riforma ed assicurare l'incremento della liturgia (cfr. «Sacrosanctun Concilium», 1), occorre tener conto della pietà popolare cristiana e del suo rapporto con la vita liturgica (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 12-13). Questa pietà popolare non può essere né ignorata, né trattata con indifferenza o disprezzo, perché è ricca di valori (cfr. Pauli VI «Evangelii Nuntiandi», 48) e già di per sé esprime l'atteggiamento religioso di fronte a Dio. Ma essa ha bisogno di essere di continuo evangelizzata, affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico. Tanto i pii esercizi del popolo cristiano (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 13), quanto altre forme di devozione, sono accolti e raccomandati purché non sostituiscano e non si mescolino alle celebrazioni liturgiche. Un'autentica pastorale liturgica saprà appoggiarsi sulle ricchezze della pietà popolare, purificarle e orientarle verso la liturgia come offerta dei popoli («Allocutio ad Episcopos Aprutinos et Molisanos occasione oblata "ad Limina" visitationis coram admissos», 3-7, die 24 apr. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 1 [1986] 1123ss).