III. Fede e cultura

5. Il Battesimo della Rus’ di Kiev segna, dunque, l’inizio di un lungo processo storico, in cui si sviluppa e si espande l’originale profilo bizantino-slavo del cristianesimo nella vita sia della Chiesa sia della società e delle Nazioni, che trovano in esso, lungo i secoli ed anche oggi, il fondamento della propria identità spirituale.

Nel corso successivo della storia, quando tempestose vicende colpirono ripetutamente e profondamente questa identità, proprio il Battesimo e la cultura cristiana - attinta dalla Chiesa universale e sviluppata in base alle innate ricchezze spirituali - divennero le forze che decisero della sua sopravvivenza.

Vladimiro ricevette il Battesimo aprendosi, insieme col suo popolo, alla potenza salvifica di Cristo, conformemente alle parole di Pietro riferite dagli Atti degli Apostoli: "In nessun altro c’è salvezza; non vi è, infatti, altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). Accogliendo questo nome, che è "al di sopra di ogni altro nome" ed invitando i missionari della Chiesa ad iscrivere questo nome nel cuore degli slavi della Rus’ di Kiev, perché "ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre" (Fil 2,11), egli vedeva in esso anche un elemento decisivo per quel progresso civile ed umano, che tanta importanza riveste per l’esistenza e per lo sviluppo di ogni Nazione e di ogni Stato. Egli, perciò, si ricollegò alla decisione della nonna, sant’Olga, e diede forma definitiva e stabile alla di lei opera.

Il Battesimo di VIadimiro il Grande e, successivamente, del Paese da lui dipendente, ebbe una grande importanza per l’intero sviluppo spirituale di questa parte d’Europa e della Chiesa, come per tutta la cultura e la civiltà bizantino-slava.

L’accoglimento del Vangelo non equivaleva soltanto all’introduzione di un nuovo e prezioso elemento nella struttura di quella determinata cultura; era, piuttosto, l’immissione di un seme destinato a germogliare e a svilupparsi sulla terra, nella quale era stato gettato, e a trasformarla nella misura del proprio sviluppo, rendendola capace di generare nuovi frutti. Tale è la dinamica del Regno dei cieli: esso è simile "a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami" (Mt 13,31-32).

In tal modo il patrimonio spirituale della Chiesa bizantina, introdotto nella Rus’ di Kiev mediante la lingua slava, divenuta lingua liturgica, si arricchì via via sulla base del locale patrimonio culturale grazie ai contatti con i paesi cristiani limitrofi, e venne adeguandosi progressivamente ai bisogni e alla mentalità dei popoli abitanti di quel grande principato.

6. L’utilizzazione della lingua slava come strumento di trasmissione del messaggio di Cristo e di reciproca comprensione ebbe influssi positivi sulla stessa sua diffusione e sviluppo.

Essa ne trasse la spinta per una trasformazione dall’interno e per un progressivo nobilitarsi, divenendo lingua letteraria, e perciò uno dei più importanti fattori capaci di decidere della cultura di una Nazione, della sua identità e della sua forza spirituale. Sul territorio della Rus’ questo processo si è dimostrato quanto mai duraturo, ed ha portato frutti copiosissimi. Il cristianesimo in tal modo è venuto incontro alle aspirazioni degli uomini alla verità, al sapere e allo sviluppo autonomo sulla base dell’aspirazione evangelica e del dinamismo della rivelazione.

Grazie all’eredità cirillo-metodiana lì è avvenuto l’incontro dell’Oriente con l’Occidente, l’incontro dei valori ereditati con quelli nuovi. Gli elementi del retaggio cristiano sono penetrati nella vita e nella cultura di quelle Nazioni. Essi hanno offerto ispirazione alla creatività letteraria, filosofica, teologica ed artistica, dando luogo ad una forma del tutto originale della cultura europea, anzi della cultura semplicemente umana. Anche oggi la dimensione universale dei problemi degli individui e delle società, presentata dalla letteratura e dall’arte di quelle Nazioni, suscita nel mondo un’incessante ammirazione. Essa nasce e cresce dalla concezione cristiana della vita e trova in questa un punto fermo di riferimento quanto al modo di pensare e di parlare riguardo all’uomo, ai suoi problemi e al suo destino.

A questo comune patrimonio, a questo bene comune gli slavi orientali hanno portato durante i secoli il proprio contributo originale, specialmente riguardo alla vita spirituale e alla devozione loro proprie. A questo contributo la Chiesa di Roma riserva lo stesso rispetto ed amore che essa nutre per il ricco patrimonio di tutto l’Oriente cristiano. Gli slavi orientali hanno elaborato una storia, una spiritualità, tradizioni liturgiche ed usanze disciplinari loro proprie, in sintonia con la tradizione delle Chiese di Oriente, come pure alcune forme di riflessione teologica sulla verità rivelata che, mentre si diversificano da quelle in uso nell’Occidente, sono allo stesso tempo ad esse complementari.

7. Tale realtà è attentamente considerata dal Concilio Vaticano II. Il decreto sull’ecumenismo, infatti, afferma tra l’altro: "Non si deve parimenti dimenticare che le Chiese d’Oriente hanno fin dall’origine un tesoro, dal quale la Chiesa d’Occidente ha preso molte cose nel campo della liturgia, della tradizione spirituale e dell’ordine giuridico" ("Unitatis Redintegratio", 14). E stimolanti spunti di riflessione sono pure offerti da quanto il Decreto conciliare afferma circa la ricchezza della liturgia e della tradizione spirituale della Chiesa di Oriente: "È pure noto a tutti con quanto amore i cristiani d’Oriente celebrino la sacra liturgia, specialmente quella eucaristica, fonte della vita della Chiesa e pegno della gloria futura, con la quale i fedeli uniti col Vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell’effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la Santissima Trinità, fatti "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4). Perciò con la celebrazione dell’Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce, e con la concelebrazione si manifesta la loro comunione" ("Unitatis Redintegratio", 15).

Inoltre, le tradizioni teologiche dei cristiani d’Oriente sono "eccellentemente radicate nella Sacra Scrittura, sono coltivate ed espresse dalla vita liturgica, sono nutrite dalla viva tradizione apostolica, dagli scritti dei Padri e dagli scrittori ascetici Orientali e tendono ad una retta impostazione della vita, anzi alla piena contemplazione della verità cristiana" ("Unitatis Redintegratio", 17).

La spiritualità degli slavi orientali, che è una particolare testimonianza della fecondità dell’incontro dello spirito umano con i misteri cristiani, non cessa di esercitare un influsso salutare sulla coscienza della Chiesa intera. Degna di particolare menzione è la loro caratteristica devozione per la passione di Cristo, la sensibilità per il mistero della sofferenza collegata con l’efficacia redentrice della croce. Forse all’affermarsi di tale spiritualità non fu estraneo il ricordo della morte innocente di Boris e di Gleb, figli di Vladimiro, uccisi dal loro fratello Svjatopolk (cf. "Acta Sanctorum", sept. 2, Venetis 1756, pp.633-644).

Questa spiritualità trova la sua più completa espressione nella lode resa al "dolcissimo" ("sladcajsi") nostro Signore Gesù Cristo nel mistero della sofferenza e della "kenosi", che egli ha fatto sue nell’incarnazione e nella morte in croce (cf. Fil 2,5-8). Allo stesso tempo, però, essa s’illumina, nella liturgia, della luce del Cristo risorto, anticipata in qualche misura dallo splendore della trasfigurazione sul monte Tabor, manifestata pienamente nella gloria del giorno della risurrezione ("voskresienie"), rivelata al mondo dallo Spirito disceso sugli apostoli sotto forma di lingue di fuoco nella Pentecoste. Tale esperienza diventa incessantemente porzione di coloro che ricevono il Battesimo. Come non menzionare, in questo contesto, i cristiani che sono vissuti e vivono in tutte quelle regioni, i quali nella morte e risurrezione di Cristo hanno tante volte trovato, nel corso di questi mille anni, forza e sostegno per offrire la loro testimonianza di fedeltà al Vangelo non solo con la quotidiana coerenza della vita, ma anche con le sofferenze coraggiosamente affrontate non di rado fino alla prova suprema del sangue?

Questa forma della "kenosi" di Cristo, nella concezione della Chiesa di Kiev, si è impressa profondamente nel cuore degli slavi orientali, è stata ed è per loro fonte di grande forza nelle molteplici contrarietà che sono insorte sul loro cammino.

8. Nell’opera di consolidamento della Chiesa e di "inculturazione" del cristianesimo tra gli slavi orientali - come, del resto, in tutta la Chiesa di Oriente - è stato inestimabile l’influsso della vita monastica. Kiev si è distinta relativamente presto con la famosa "Pecerskaja Lavra" (Monastero delle Grotte), fondata dai santi Altonio (+ 1073) e Teodosio (+ 1074).

Non a caso, dunque, il monaco, specialmente il cosiddetto "starec" (anziano), era considerato guida spirituale sia dai grandi scrittori russi che dai semplici contadini. I monasteri divennero centri di vita liturgica, spirituale, sociale e persino economica. I sovrani si rivolgevano ai monaci come a consiglieri, giudici, diplomatici e maestri.

Le parole "culto" e "cultura" hanno la stessa radice. Anche tra gli slavi d’Oriente il culto cristiano ha suscitato uno straordinario sviluppo della cultura in tutte le sue forme.

L’arte religiosa risulta pervasa da profonda spiritualità e da alta ispirazione mistica. Chi nel mondo non conosce oggi le famose e venerate icone delle Chiese orientali, le magnifiche Cattedrali di santa Sofia a Kiev e a Novgorod risalenti all’XI secolo, le chiese e i monasteri così caratteristici nel paesaggio di quelle terre? La letteratura di Kiev è in grandissima parte religiosa. I nuovi inni e canti ecclesiali sono quasi un’emanazione delle forme native della tradizione musicale. Né deve essere dimenticato che le prime scuole nella Rus’ sono sorte proprio nell’XI secolo. Tutto questo, sia pur menzionato in modo così breve, costituisce un’incancellabile testimonianza della straordinaria fioritura religiosa e culturale, generata dal Battesimo della Rus’ di Kiev.

Quanto pertinente appare, dunque, l’osservazione del Concilio Vaticano II: "La Chiesa... nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce ed accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva" ("Lumen Gentium", 13).

 

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