IV. Verso la piena comunione
9. Il Battesimo della Rus’ si compì - come ho già rilevato - in un tempo in cui erano ormai sviluppate le due forme del cristianesimo: l’orientale, collegata con Bisanzio e l’occidentale, collegata con Roma, mentre la Chiesa continuava a rimanere una e indivisa. Questa considerazione, in noi che celebriamo il millennio del Battesimo ricevuto dai popoli orientali slavi a Kiev, non può non accendere ancor maggiormente il desiderio della piena comunione in Cristo di queste Chiese sorelle e spingerci a intraprendere nuove ricerche e a fare nuovi passi per favorirla. Questo anniversario non è soltanto un ricordo storico e un’occasione per preparare elaborazioni scientifiche e per fare bilanci, ma è anche, e soprattutto, un incentivo per volgere la nostra sensibilità pastorale ed ecumenica dal passato verso l’avvenire, per rafforzare la nostra nostalgia dell’unità ed intensificare la nostra preghiera.
Sì, ambedue le Chiese, la Cattolica e l’Ortodossa, oggi più che mai decise a ritrovare, nonostante le difficoltà nate da secolari malintesi, la comunione intorno alla mensa eucaristica, guardano con particolare attenzione e speranza, in questo millennio, a tutti i figli e le figlie spirituali di san Vladimiro.
D’altra parte, il graduale ritorno all’armonia tra Roma e Costantinopoli, come pure fra le Chiese che rimangono in piena comunione con questi centri - e come non pensare ai molteplici incontri bilaterali così ricchi di suggestioni per la densità dello scambio dei rispettivi doni spirituali, nutriti da tradizioni cosi diverse e feconde? - non potrà che influire positivamente, in particolar modo oggi, sugli eredi ortodossi e cattolici del Battesimo di Kiev. E forse il ricordo di tale evento, che sta all’origine della loro vita nuova nello Spirito Santo, contribuirà ad affrettare, con l’aiuto di Dio, l’ora del "bacio di pace", scambiato reciprocamente come frutto di una decisione matura, nata nella libertà e nella buona volontà dallo spirito originario che animava la Chiesa indivisa, segnata dal genio cristiano dei santi Cirillo e Metodio. Quale vantaggio costituirebbe per l’intero Popolo di Dio, se gli eredi ortodossi e cattolici del Battesimo di Kiev, scossi dalla rinnovata coscienza della comunione iniziale, sapessero raccoglierne la sfida e ripetere ai cristiani del nostro tempo il messaggio ecumenico che ne promana, sollecitandoli ad accelerare il passo verso la meta della piena unità, voluta da Cristo! Ciò, oltretutto, eserciterebbe un benefico influsso anche in quel processo di distensione nel campo civile, che tante speranze suscita in quanti operano per la convivenza pacifica nel mondo.
10. La dimensione universale e quella particolare costituiscono due sorgenti coessenziali nella vita della Chiesa: la comunione e la diversità, la tradizione e i tempi nuovi, le antiche terre cristiane e i nuovi popoli che approdano alla fede. La Chiesa è riuscita ad essere una e insieme differenziata. Accettando l’unità come primo principio (cf. Gv 17,21s.), essa è stata pluriforme nelle singole parti del mondo. Ciò vale in modo peculiare per la Chiesa occidentale e per quella orientale prima della reciproca progressiva estraniazione. In rapporto a quel periodo, il Concilio Vaticano II osserva: "Le Chiese d’Oriente e d’Occidente hanno seguito per molti secoli una propria via, unite però dalla fraterna comunione della fede e della vita sacramentale sotto la direzione della Sede romana di comune consenso accettata, qualora fossero sorti fra loro dissensi circa la fede o la disciplina" ("Unitatis Redintegratio", 14).
Ed anche quando la piena comunione fu infranta, ambedue le Chiese conservarono fondamentalmente integro il deposito della fede apostolica. L’universalità e la pluriformità non hanno cessato, malgrado la tensione esistente, di scambiarsi a vicenda doni inestimabili.
Consapevole di tale realtà, il Concilio Vaticano II ha aperto, in materia di ecumenismo, una fase nuova, che sta arrecando frutti promettenti. Il decreto conciliare sull’ecumenismo, già citato più volte, è espressione della stima e dell’amore che la Chiesa cattolica nutre per la ricca eredità dell’oriente cristiano, del quale mette in rilievo l’originalità, la diversità e, nello stesso tempo, la legittimità. Esso dice tra l’altro: "Fin dai primi tempi le Chiese d’Oriente seguivano discipline proprie, sancite dai santi Padri e dai Concili, anche ecumenici. E siccome una certa diversità di usi e consuetudini, sopra ricordata, non si oppone minimamente all’unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione, il sacro Concilio, onde togliere ogni dubbio, dichiara che le Chiese d’Oriente, memori della necessaria unità di tutta la Chiesa, hanno potestà di regolarsi secondo le proprie discipline, come più consone all’indole dei loro fedeli e più adatte a provvedere al bene delle anime" (Unitatis Redintegratio", 16).
Dal decreto risulta chiaramente la caratteristica autonomia disciplinare, di cui godono le Chiese orientali: essa non è conseguenza di privilegi concessi dalla Chiesa di Roma, ma della legge stessa che tali Chiese possiedono sin dai tempi apostolici.
11. Nell’ora del dialogo, che si sta sviluppando ed è in costante progresso, fra le Chiese e le comunità ecclesiali di fronte al solenne Millennio del Battesimo della Rus’ - un fatto che ci rimanda con tanta nostalgia alla Chiesa indivisa, comprendente tutte le Chiese particolari sia dell’Oriente che dell’Occidente, ed alla fervida preghiera di Cristo nel cenacolo per l’unità di tutti i credenti (cf. Gv 17,20) -, dobbiamo ricordare che la piena comunione è un dono e non sarà soltanto frutto degli sforzi e desideri puramente umani, benché questi siano indispensabili e condizionino tante cose.
Il peccato è entrato nel mondo a causa dell’uomo, ma "la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza in tutti gli uomini" (cf. Rm 5,12.15). L’assiduità "nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera" (At 2,42), è un dono di Dio, perché è un nuovo modo di esistere dell’uomo. È un pieno "essere insieme" nella Santissima Trinità. La prima sorgente di tale comunione è la grazia del Battesimo: mediante il Battesimo noi entriamo nell’unità della Chiesa disseminata in tutto il mondo, nell’unità voluta e fondata da Cristo, la quale, malgrado le differenze e le difficoltà, è rimasta sostanzialmente in vigore nell’arco dei primi dieci secoli; entriamo in quell’unità, di cui ci parla oggi il Battesimo della Rus’. Che tutti i cristiani ritornino ad essa e diventino una comunità di uomini i quali, rimanendo in piena comunione con Cristo, offrono questa loro ricchezza a tutti i membri dell’intera umanità. Questo chiediamo allo Spirito Santo, datore dei doni innumerevoli, grazie ai quali le singole persone e le comunità umane entrano in comunione con Cristo. In lui, nello Spirito Santo, la vita della Chiesa raggiunge profondità e dimensioni inaspettate. Il sentire e vivere la presenza del Paraclito e dei suoi doni è peculiare caratteristica della tradizione orientale, la cui profonda dottrina pneumatologica costituisce una ricchezza preziosa per tutta la Chiesa.
È in questa luce che vediamo svilupparsi i multiformi, diversificati e fruttuosi contatti nei quali ha trovato espressione, in questo periodo post-conciliare, il nostro comune impegno di attiva obbedienza alla volontà di Dio percepita nel suo Spirito.
La ricca esperienza della piena comunione, vissuta nel primo millennio, ma dimenticata durante tanti secoli da ambedue le parti, sia per noi e per i nostri sforzi ecumenici una luce, un incoraggiamento e un costante punto di riferimento.